Portoscuso e la pesca del tonno rosso tra archeologia e tradizione religiosa

08.04.2021

di Maria Giovanna Meloni

Figura 1. Interno della Tonnara di Su Pranu. Foto: M. Giovanna Meloni. Per gentile concessione dell'Associazione Sa Fabbrica
Figura 1. Interno della Tonnara di Su Pranu. Foto: M. Giovanna Meloni. Per gentile concessione dell'Associazione Sa Fabbrica

La secolare storia di Portoscuso, centro costiero del sud ovest della Sardegna, si caratterizza per il legame indissolubile con il mare fin da tempi molto antichi. La Tonnara di Su Pranu e la Torre Spagnola costituiscono il nucleo originario dell'attuale paese, un tempo immerso nella macchia mediterranea e che lasciava spazio ad una comunità umile e dedita alla pesca del tonno rosso.

La pesca del tonno rosso e le fonti archeologiche nel Sulcis

La posizione strategica di Portoscuso, antistante alle isole di Sant'Antioco e di San Pietro, è senz'altro da ricollegare alle rotte che il tonno rosso da secoli percorre dall'Atlantico verso il Mediterraneo; gli stessi mari solcati da diverse popolazioni che si spostavano da oriente ad occidente raggiungendo le coste dell'Atlantico. Alle numerose fonti letterarie e iconografiche va ad aggiungersi la documentazione archeologica che restituisce un quadro interessante per quanto riguarda l'area dell'arcipelago del Sulcis. Tracce riconducibili alla pesca del tonno rosso si riferiscono in particolare all'antica città di Sulky (l'attuale Sant'Antioco) fondata intorno alla prima metà dell'VIII secolo a.C., testimoniate da resti di squame riconducibili al periodo fenicio e di vertebre di epoca punica ed ellenistica. La presenza del tonno rosso, costante seppur scarsa nei diversi periodi analizzati, lascia pensare che la comunità di Sulky avesse la capacità di organizzare battute di pesca con particolari tecniche di cattura, anche se ben diverse da quelle delle moderne tonnare. Allo stesso orizzonte cronologico, tra il 770-750 a.C. circa, è da ricondurre la necropoli fenicia sita in località San Giorgio, lungo la costa bassa e sabbiosa di Portoscuso che ancora una volta conferma la sua posizione strategica rispetto al mare già in età arcaica. Si tratta di una testimonianza importante in relazione alle frequentazioni dei Fenici in questo tratto di costa, che si pone in stretto rapporto con i siti limitrofi di Sant'Antioco e di Monte Sirai a Carbonia. Di questa necropoli ad incinerazione rimangono le poche urne funerarie accompagnate da oggetti di corredo recuperati in occasione di uno scavo d'urgenza nel 1990, oggi esposti presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Si può così sintetizzare lo stretto legame tra la presenza dei Fenici e la pesca del tonno rosso nei mari del Sulcis:

"Le risorse provenienti dal mare, tra tutte quella dei tonni, rappresentarono una primaria fonte di ricchezza e le stesse direttrici di navigazione dell'irradiazione fenicia fino alle estreme regioni costiere dell'Atlantico, poterono seguire le vie dei tonni. In questo modo i Fenici e i tonni possono considerarsi come dei veri "compagni di viaggio" che incessantemente oltrepassavano le colonne di Melqart/Ercole e univano le regioni mediterranee ed atlantiche in un continuum culturale fino alle soglie dell'età romana e ancora oltre". (P. Bartoloni, M. Guirguis, I Fenici del mare e le vie dei tonni, in Quaderni Stintinesi/7, 2017, p. 67.)

Figura 2. I vascelli venivano utilizzati durante la mattanza per caricare i tonni, per questo avevano una lunghezza di 26-27 metri. Foto: M. Giovanna Meloni. Per gentile concessione dell’Associazione Sa Fabbrica
Figura 2. I vascelli venivano utilizzati durante la mattanza per caricare i tonni, per questo avevano una lunghezza di 26-27 metri. Foto: M. Giovanna Meloni. Per gentile concessione dell’Associazione Sa Fabbrica

La pesca del tonno in età storica: la Tonnara di Su Pranu

La costruzione delle prime strutture dedicate alla pesca del pregiato tonno rosso si deve all'iniziativa del commerciante cagliaritano Pietro Porta a seguito dell'avvistamento di numerosi tonni che solcavano i mari all'altezza di Capo Giordano. Su richiesta del Porta seguì l'autorizzazione del Consiglio della Corona spagnola sotto il regno di Filippo II (1556-1598), in questo modo il Real Patrimonio dello Stato spagnolo si assicurava parte dei profitti derivanti dalla tassazione della pesca. La storia della Tonnara è strettamente legata a quella della Torre Spagnola, edificata sul finire del 1500. Essa faceva parte del sistema difensivo costiero della Reale Amministrazione delle Torri, istituita da Filippo II nel 1581, con l'obiettivo di difendere le coste della Sardegna dalle continue incursioni barbaresche.

Figura 3. Torre Spagnola di Portoscuso. Nel 1636 la torre venne rasa al suolo da una violenta incursione barbaresca. Venne ricostruita l’anno successivo come la vediamo oggi. Foto: M. Giovanna Meloni
Figura 3. Torre Spagnola di Portoscuso. Nel 1636 la torre venne rasa al suolo da una violenta incursione barbaresca. Venne ricostruita l’anno successivo come la vediamo oggi. Foto: M. Giovanna Meloni

Le risorse economiche dell'isola come le tonnare, le peschiere, le saline e le miniere appartenevano al Real Patrimonio e pertanto lo Stato spagnolo ne disponeva attraverso contratti di "arrendamento", ovvero di affitto a privati, percependo una percentuale dei profitti. A testimoniare questa pratica è un documento d'archivio datato al 3 novembre del 1594 nel quale la Tonnara di Su Pranu fu arrendata a Esteve Satta y Quenza con l'incarico di calare le reti e l'obbligo di versare una percentuale dei profitti al Real Patrimonio. La Tonnara rimase in gestione a ricche famiglie fino alla metà del 1600, quando il sovrano spagnolo Filippo IV, indebitato a seguito dei conflitti europei, decise di vendere diverse proprietà a Geronimo Vivaldi. La famiglia genovese dei Vivaldi ha senz'altro lasciato profonde tracce del suo passaggio in Sardegna, non solo importanti ville come quella incastonata nel quartiere storico di Villanova a Cagliari, ma anche edifici religiosi quale la chiesa di Santa Maria d'Itria di Portoscuso.

Alla pesca del tonno, infatti, si legano antiche pratiche e rituali religiosi; una di queste prevedeva che la sera prima di fare mattanza, i pescatori si raccogliessero in preghiera presso l'antica cappella di Sant'Antonio da Padova, adiacente alla Tonnara, come a voler chiedere il favore divino affinché la pesca fosse fruttuosa. Il legame con il mare è molto forte anche nella tradizione religiosa, talvolta si perde in racconti tra mito e leggende, altre volte prende forme diverse nella tradizione popolare. E' il caso del culto di Santa Maria d'Itria, il cui nome deriva dal greco Odigitria, ovvero "colei che mostra la via" e la relativa iconografia riprende Maria con in braccio il Figlio indicandolo quale unica via di salvezza, ma che in questo piccolo borgo di pescatori acquisisce un significato nuovo rivelando la giusta rotta per la navigazione a protezione dei naviganti.

La Tonnara di Su Pranu vede una lunga attività di pesca, dal momento della sua costruzione fino al 1973 circa. Dopo un periodo di abbandono, la pesca del tonno riprese tra il 1983 e il 1984 con l'istituzione della società Tonnara Su Pranu Portoscuso srl che oggi passa sotto il nome di cooperativa Tonnare Sulcitane srl. 

Lo sviluppo dell'industria estrattiva nel secolo scorso è stata causa della chiusura di molte tonnare sarde, infatti, se a metà del 1800 si contavano ben 24 tonnare attive e lo si ricorda come il periodo d'oro per la pesca, oggigiorno in Sardegna si contano solo 3 tonnare attive tutte concentrate nella costa del Sulcis:

  • L'Isola Piana a Carloforte;
  • Porto Paglia a Gonnesa;
  • Capo Giordano (o Capo Altano) a Portoscuso.

Tra liti di famiglia e passaggi ereditari la Tonnara di Su Pranu rimase a lungo proprietà di famiglie per lo più di origine ligure, fino all'acquisto del 2019 da parte dell'Amministrazione Comunale, ritornando bene storico dell'intera comunità.

Attraversare le vie di Su Pranu non significa solo scoprirne la storia: in questi luoghi si conserva un legame speciale con la memoria popolare, tra ricordi d'infanzia, feste di paese e momenti di condivisione come parte integrante della comunità che vi ha vissuto. Ancora oggi, rivolgendo lo sguardo verso l'isola di Sant'Antioco e di Carloforte, si percepisce quel continuum culturale profondamente radicato nel mare che ha caratterizzato la storia di questa parte di costa della Sardegna per secoli.

Riferimenti Bibliografici

P. BARTOLONI, M. GUIRGUIS, I fenici del mare e le vie dei tonni. Un'inchiesta storico-archeologica dal Mediterraneo orientale all'Atlantico, Quaderni Stintinesi/7, Sassari 2017.

P. BERNARDINI, I Fenici nel Sulcis: la necropoli di San Giorgio di Portoscuso, in P. BARTOLONI, L. CAMPANELLA (eds.), La ceramica fenicia di Sardegna. Dati, problematiche, confronti, Roma 2000, pp. 29-61.

G. CARENTI, L'allevamento, la caccia e la pesca, in M. GUIRGUIS (ed.), La Sardegna fenicia e punica. Storia e materiali (Corpora delle Antichità della Sardegna 2), Nuoro 2017, pp. 303-309.

G. DONEDDU, La pesca del tonno e del corallo, in F. MANCONI (ed.), La società sarda in età spagnola, vol. 2, Cagliari 2003, pp. 50-55.

M. F. PORCELLA, Iconografia e culto di Nostra Signora d'Itria nella Sardegna Spagnola, in ArcheoArte. Rivista elettronica di archeologia e arte, suppl. 2012, n. 1, 2012, pp. 687-701.

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