L'Humana Fragilitas: un dipinto di Salvator Rosa

12.02.2021

di Francesca Callipari

Salvator Rosa - Humana Fragilitas, Fitzwilliam Museum, Cambridge (particolare)
Salvator Rosa - Humana Fragilitas, Fitzwilliam Museum, Cambridge (particolare)

Negli ultimi anni della sua esistenza Salvator Rosa, pittore, incisore e poeta napoletano, considerato uno dei massimi esponenti della cultura secentesca, riflette con cupo pessimismo sulla precarietà dell'esistenza dell'uomo e con potenza barocca, basata su tagli di luce violenta nell'ombra, lo consegna bambino alla morte, fragile e rassegnato. 

L'Humana Fragilitas  - appartenuta a Flavio Chigi, giunto a Roma nel 1657 per ricevere l'investitura cardinalizia - rappresenta uno dei maggiori capolavori maturi dell'artista napoletano ed è ora conservata presso il Fitzwilliam Museum di Cambridge.

Ancora oggi non si conosce con certezza né la data né il significato specifico di quest'opera. Secondo alcuni critici essa viene suggerita all'artista da un evento tragico: la morte del figlio Rosalvo avvenuta nel 1656 a causa di un'epidemia di peste, che egli avrebbe voluto qui ricordare, accentuando il senso tragico della vita.

La donna rappresenterebbe, pertanto, Lucrezia, sua amata, mentre il bambino sarebbe, appunto, una raffigurazione di Rosalvo, morto a soli 15 anni. Molti studiosi ritengono, tuttavia, che questo dipinto rientri in un gruppo di opere del Rosa che hanno per tema la meditazione sulla morte, quali il Democrito e le nature morte di vanitas. Seguendo questa interpretazione, l'opera deve essere considerata semplicemente come una versione allegorica e al femminile del Democrito. L'ipotesi interpretativa è corroborata dalla descrizione di Filippo Baldinucci che rintraccia nel putto che accende uno stoppino un'allusione alla cerimonia eseguita in occasione dell'elezione di un nuovo papa, motivo che ha fatto propendere per una datazione al 1657, anno dell'elezione di papa Alessandro VII.

Humana Fragilitas (particolare putto che accende stoppino)
Humana Fragilitas (particolare putto che accende stoppino)

Nell'esecuzione dell'opera, Salvator Rosa trae, però, sicuramente ispirazione dagli eventi tragici che lo coinvolgono, evidenziando come l'umanità sia dominata da un infausto destino che avvolge tutti indistintamente. Ne sono conferma le stesse parole dell'artista che, in una lettera indirizzata all'amico poeta e commediografo Giovan Battista Ricciardi, affermava: 

Le vicende umane altro non sono che una mostruosa miscela di gioie e dolori. Vi siete appena rallegrato di chi è venuto alla vita, che dovete tremare per chi è in pericolo di lasciarla. Potete, dunque, strepitare fin che vi pare: così vogliono le stelle, i fati, il cielo....

Recentemente sono stati, inoltre, scoperti presso il Fitzwilliam Museum di Cambridge due disegni preparatori dell'Humana Fragilitas. Il primo, uno studio preparatorio conservato presso il Museum der Bildenden Kunst di Lipsia, è stato pubblicato dallo studioso Richard W. Wallace in un saggio sulle iconografie moraleggianti del Rosa. (L'Humana Fragilitas e il Democrito in meditazione.)

Disegno preparatorio Humana Fragilitas, Der Bildenden Kunst Museum, Lipsia
Disegno preparatorio Humana Fragilitas, Der Bildenden Kunst Museum, Lipsia

Il secondo, invece, proviene dalle collezioni del Bowes Museum di Barnard Castle ed è stato pubblicato solo per la prima volta solo in anni recenti. A differenza del primo studio preparatorio, quest'ultimo sembra più un ricordo, realizzato, come suggerisce Denis Mahon, per essere regalato all'amico Ricciardi. 

Un terzo disegno, proveniente dalla collezione di Nathalie e Hugo Weisgall ma in prestito presso la E. B. Crocker Gallery di Sacramento in California, può essere collegato anch'esso al dipinto di Rosa. Molto probabilmente viene realizzato dopo lo studio di Lipsia e mostra, chiaramente, l'evoluzione del progetto dell'artista nella realizzazione di questa allegoria molto complessa. Lo stesso Wallace ha evidenziato come l'artista abbia cambiato completamente l'impostazione delle figure nel passaggio tra il disegno di Lipsia e quello di Sacramento.

Humana Fragilitas,  secondo disegno, Fitzwilliam Museum, Cambridge
Humana Fragilitas, secondo disegno, Fitzwilliam Museum, Cambridge
Humana Fragilitas, terzo disegno, E. B. Crocker Gallery, Sacramento, California
Humana Fragilitas, terzo disegno, E. B. Crocker Gallery, Sacramento, California

Le figure indipendenti della donna e del bambino, rappresentate l'una di fronte all'altra nel primo disegno, vengono completamente modificate nel terzo disegno, ovvero quello di Sacramento, dove il bambino è posto tra le braccia della madre. Inoltre, la tipica clessidra e il teschio, visibili nel disegno di Lipsia, vengono completamente esclusi nel disegno di Sacramento a favore di un'insolita allusione alla brevità della vita umana, con un bambino  intento a far bolle di sapone.

Altro elemento interessante è il sepolcro, che posto leggermente in penombra ma già abbastanza definito nel secondo disegno, forma in quello di Sacramento un imponente mausoleo dietro il gruppo della donna e del bambino, inequivocabilmente indicato dalla figura del teschio con le ossa incrociate. Da notare, poi, le figure dei due putti che, abbozzati molto bene già nel primo disegno, vengono concepiti dall'artista come stumenti principali dell'allegoria. 

Nella versione dipinta, il bambino che soffia bolle di sapone, posto a destra nel disegno preparatorio di Sacramento, viene spostato a sinistra, accanto ad un altro bambino che intanto cerca di accendere lo stoppino di una torcia.

Nel 1681 Baldinucci osserva che nel secondo disegno preparatorio la donna siede su una sfera di vetro, simbolo che verrà poi interpretato da Wallace come una rappresentazione della fragilità dell'esistenza. Nella versione dipinta, la bolla, anche se abbastanza celata, va a rimpiazzare totalmente il sepolcro, di cui restano solo poche vestigia e nella parte sinistra della composizione, viene aggiunta una piramide con geroglifici criptici, nascosta nell'oscurità che, come osserva H. Langdon, allude al ciclo dell'esistenza umana dalla nascita alla morte. 

Anche da questi ripensamenti, si comprende come Rosa affronti questa composizione con una certa impulsività e senza una chiara idea della sua totalità. La composizione finale, infatti, sembra in gran parte il prodotto di una serie di messe a punto fatte per contenere il progressivo accumularsi di simboli sempre più criptici, che rispecchiano una particolare erudizione di cui l'artista è piuttosto cosciente.

L'opera, pur nel suo luttuoso aspetto, frutto del profondo sconforto attraversato dall'artista in questi anni, segna anche il momento di rinascita di Salvator Rosa; dopo le accese polemiche accademiche e dogmatiche degli anni '50 del Seicento, gli anni seguenti, tra la fine del sesto e gli inizi del settimo decennio, vedono la graduale e straordinaria affermazione di Salvator Rosa come artista e personalità dominante nella Roma del tempo. 

Analisi del dipinto

Un angelo della morte piomba terribile in un ambiente non ben identificabile dove una madre e un bambino giacciono immersi nel buio della loro esistenza. Le ali squarciano le ombre che avvolgono le figure e lo scheletro terrificante impugna con forza il polso del bambino, aiutandolo a scrivere una sentenza pessimistica sulla vanità del tutto: 

Concepto culpa, nasci pena, labor vitae, necesse mori.

(il concepimento è peccato, la nascita è dolore, la vita è fatica, la morte è necessità)

Molto probabilmente Rosa riprende queste parole da una canzone del Ricciardi che in una lettera scrive: «Rosa il nascer è pena, il vivere è fatica et il morir necessità fatale..così forte catena ambo gli estremi implica che distinguer non so morte o natale». Se le sorti umane sono legate al caso è inutile comprendere l'ordine della natura poichè tutto è soggetto ad una sola inesorabile legge: quella del nascere e morire. Il foglio di pergamena sul quale scrive il bambino, rappresenta il punto centrale della composizione e dirige l'attenzione sulla figura della Morte, accentuando così il terribile contrasto tra le sue dita ossute e quelle soffici e carnose del bambino. 

L'interpretazione pittorica della morte da parte del Rosa evidenzia il suo intenso interesse per le immagini macabre e può essere generalmente associata con il simbolismo sepolcrale. In più, l'uso di uno scheletro quasi vivo richiama fortemente i monumenti funerari del Bernini, come la Tomba di Urbano VIII, nella quale la Morte viene rappresentata nell'atto di scrivere su una lastra il nome del pontefice.

Seppur la transitorietà della condizione umana sia un tema ricorrente nel XVII secolo, è evidente come l'opera rappresenti un sentimento intimo dell'artista, che vuole ricordare qui il figlio morto da appena un anno. Una lettera dell'agosto 1656 indirizzata all'amico Ricciardi rende chiaro l'effetto che questo tragico evento ha avuto su di lui: 

Stavolta il cielo mi ha colpito in maniera tale che mi sembrano vani tutti i rimedi umani e la minor pena che io provo è confessarvi che vi scrivo piangendo...

La donna, infatti, apparentemente stanca e passiva, rappresenta Lucrezia, sua compagna e madre di Rosalvo e le rose poste sul suo capo, chiara allusione al nome dell'artista, evidenziano proprio il legame intimo che c'è tra i due.

E' chiaro, dunque, come l'opera sia intrisa di simboli e di immagini cifrate, il cui significato è facilmente intuibile: i bambini intenti a soffiare bolle di sapone e ad accendere lo stoppino di una torcia, le farfalle vicine alla culla e la sfera su cui siede la donna, sottolineano tutti la fragilità della vita, sottoposta a continue minacce di morte, mentre la grossa civetta, simbolo di cattivo augurio e di morte, posta dietro la donna, contribuisce a connotare drammaticamente la scena.

Interessanti sono, inoltre, altri due elementi simboligici ovvero il cardo con foglie appuntite, nella parte inferiore del quadro, emblema della morte e della rovina, e il coltello, che posto in primo piano a sinistra,  evoca idee di violenza, dolore e morte, simboleggiando lo strumento che recide il filo della vita e sul quale l'artista vi appone le sue iniziali.

Altri emblemi dal significato più oscuro sono posti sul bordo sinistro della tela: cinque figure sono scolpite sulla faccia frontale di un obelisco, forse ripreso dagli scritti di Piero Valeriano. In cima troviamo i volti del bambino e dell'anziano, riferimenti al ciclo della vita umana, mentre al di sotto dell'anziano vi è, invece, un falcone, che, come dice Valeriano, simboleggia la vitalità. 

Humana Fragilitas (particolare piramide)
Humana Fragilitas (particolare piramide)
Piero Valeriano, Hieroglyphica
Piero Valeriano, Hieroglyphica

É significativo come l'artista abbia oscurato questa immagine, nel dipinto, tramite l'ala dello scheletro, quasi a voler evidenziare come la Morte annienti ogni alito vitale. Significativi sono, infine, la figura del pesce, al di sotto del falcone, che rappresenta il simbolo dell'odio e della morte e quella dell'ippopotamo, che allude, invece, alla violenza e alla discordia con la quale l'uomo conclude i suoi giorni.

Il dipinto merita ovviamente una lunga contemplazione, non solo a causa della serietà del messaggio, ma soprattutto perchè più a lungo si osserva più emergono alcuni particolari molto importanti. 

Senza dubbio, l'Humana Fragilitas rappresenta uno dei massimi capolavori di Salvator Rosa, ove la presenza della Morte alata che guida il bambino è una chiara affermazione di come la morte decida di agire come, quando e su chi vuole, rendendo inutili tutti gli sforzi dell'uomo e il suo desiderio di materialità. Il bambino nella cesta che tenta di accendere la fiamma di una torcia altro non è, quindi, che la rappresentazione dell'affanno degli uomini nel rincorrere le cose terrene, che per natura sono transitorie come l'intera esistenza. A nulla valgono le nostre speranze perchè la morte domina su tutto: è un destino inevitabile che ci accompagna sin dalla nascita guidandoci per mano verso la fine. 

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