La partita giocata fra pandemia, comunicazione ed intelligence

11.03.2021

di Elena Tempestini

Un'altra chiave di lettura di quanto accaduto in questi mesi di pandemia mette al centro il tema del controllo della comunicazione e dei servizi di intelligence.

Le guerre che si sono susseguite nei secoli scorsi hanno cambiato i contenitori della società: sono state abbattute case, sono stati devastati e trasformati interi territori. Quella che stiamo vivendo ormai da più di un anno non è una "guerra", è una pandemia: all'apparenza lascia tutto intatto, ma cambia repentinamente il contenuto.

La pandemia ha agito su più piani: abbattendosi sulle economie e sul commercio internazionale, condizionando dinamiche geopolitiche e sviluppi d'area, aggravando vulnerabilità sistemiche e tensioni sociali, dilatando gli spazi per manovre ostili ed inserimenti strumentali di vario genere. L'impreparazione alla situazione e la paura del presente hanno fatto in modo che il nostro cervello si rendesse conto che mai si era trovato nelle condizioni di immaginare che un simile evento fosse possibile. Così non riusciamo a configurare la mente razionale con il "nemico" invisibile che percepiamo, il che altera la realtà nella quale siamo oggi immersi: se "guerra" è, è una guerra asimmetrica. Ogni secolo richiede la revisione del concetto di conflitto, ogni elemento necessita una conversione per affrontare le nuove sfide globali. Quando non si può combattere apertamente qualcosa, la cosa più semplice è inglobarla nella "normalità". Si crea una spiegazione "ufficiale", si prepara un comunicato che possa rendere partecipi tutti, si usa la notizia per mettere a conoscenza un vasto pubblico, quasi sempre seguendo un'interpretazione di comodo.

Di esempi simili ne è piena la storia. Pensiamo alla Commedia di Dante Alighieri. La Commedia, non è nata Divina da subito. La diffusione della Commedia, appena poco dopo la sua stesura, divenne inarrestabile ovunque, propagandosi a macchia d'olio tra la popolazione che ne ascoltava i versi. Fu a quel punto che la Chiesa, che aveva messo all'indice alcuni testi di Dante come il Convivio, bruciandoli sul rogo, pur considerando eretica anche la Commedia, capì che non era conveniente combatterla: il clero si sarebbe inimicato la popolazione. Così, la trasformò in "Divina", considerando Dante esempio perfetto di fede cattolica. Praticamente, una prova altissima di comunicazione e di normalizzazione dell'evento. È quello che si è cercato di fare anche con la pandemia, grazie ad una tecnologia che è stata una grande alleata, sviluppando e sostenendo la comunicazione. E qui si è giocata e si gioca una partita importantissima che spiega molto di ciò che è avvenuto.

La globalizzazione ha aperto porte su dinamiche che stanno cambiando il mondo, ma soprattutto il nostro modo di percepirlo. Tutto si è "virtualizzato" in modo esponenziale. La comunicazione è divenuta un cyberspazio, un ambiente artificiale, il quinto "dominio" dopo terra, mare, cielo e spazio, nel quale si detiene la "forza" delle relazioni internazionali. Al suo interno si sviluppano le "cyberwarfare", le guerre cibernetiche atte all'alterazione e alla distruzione dell'informazione e dei sistemi di comunicazione nemici. Non servono Stati, Organizzazioni, Enti o Associazioni terroristiche. Il nemico può essere annidato ovunque, può avere forze impari e difficilmente essere individuato. Anche un singolo Hacker, può essere al servizio dello spionaggio industriale, come stanno dimostrando gli ultimi mesi durante i quali la pandemia ha fatto innalzare gli attacchi informatici per tentare di entrare in possesso di dati sensibili di strutture ospedaliere, centri di ricerca e realtà impegnate nello sviluppo di vaccini e terapie contro il Covid. Principalmente la Comunicazione è il pensiero che si esprime con un certo linguaggio, ma è soprattutto un certo linguaggio che, se espresso in un certo modo, corrompe e manipola il pensiero collettivo.  È il problema delle fake news, le notizie fasulle, una "minaccia ibrida" atta a narrazioni allarmistiche, sfociate in un surplus informativo di difficile discernimento per la collettività. 

In questo momento viviamo una situazione di smarrimento globale che non riesce a farci focalizzare il pensiero su un punto fermo di progettazione verso il futuro: siamo legati ad una catena di paura ed incertezza che può essere usata per manipolare la comunicazione. Ogni essere umano, nascendo, è capace di amore, crescendo lo cercherà disperatamente ovunque con una naturale attrazione verso qualcosa che lo faccia stare bene. L'uomo è come un pendolo, ma non oscilla tra bene e male o tra giusto e sbagliato, bensì tra senso e non senso. È questo l'elemento comune, condiviso da tutta l'umanità e conosciuto come inconscio collettivo. Ed è proprio in questo infinito campo che si propaga la guerra della disinformazione, dell'intelligence, del sabotaggio e dello spionaggio digitale. Ben oltre le idee di giusto e sbagliato c'è un campo, ti aspetterò laggiù. 

Tra chi fornisce informazione e chi consuma l'informazione, c'è la terza vera forza: chi decide che cosa sia e quale sia l'informazione. Già Socrate aveva detto che la democrazia era comunicazione, ma finché non siamo arrivati all'età tecnologica le sue parole sono rimaste una teoria filosofica e non una circostanza di fatto. Cos'è cambiato nella percezione dell'essere umano? Cos'è quel concetto di pieno e di vuoto nel quale ci ritroviamo a fasi alterne nel nostro quotidiano? Se l'essere umano, il cittadino di qualsiasi paese, non si sente tutelato dalle proprie istituzioni e dalle leggi che conosce, proverà un senso di precarietà, di insicurezza. Il suo abbandono sarà proprio una mancanza di amore e di connessione con la nazione dove è nato e vive, con la sua cultura e la sua storia, perdendo giorno dopo giorno la fiducia nella democrazia. Sarà portato dentro un caos che farà perdere il punto di riferimento, la bussola interna, fino a cercare di difendersi da solo, il che, nella maggior parte dei casi si ottiene eludendo le leggi e le istituzioni. L'umanità non ha mai avuto così tanto potere su se stessa; eppure nulla può garantire che possa usarlo saggiamente. Quindi, in una guerra di comunicazione, mediatica ed invisibile, è l'intelligence, lo spionaggio, il vero potere per la gestione delle nostre informazioni. Parlo dei contenuti che tutti i giorni ascoltiamo e leggiamo, quelli che non sono mirati al governo, alla politica o alle aziende, ma quelli veicolati alla collettività. Ed anche l'intelligence si è dovuta velocizzare per comprendere e monitorare l'immenso flusso dei dati e dei contenuti tecnologici che miliardi di persone producono quotidianamente. Le Intelligence sono divenute la cinghia di trasmissione fra il denaro e le armi, la bilancia negli intrecci fra i servizi di Stato e le multinazionali, l'occhio del falco per monitorare le destabilizzazioni geopolitiche. Lo spionaggio esiste dai tempi della nascita dell'uomo: per difesa, per stabilità dei territori, e per espansione di conquista del potere. L'intelligence è la terza forza, quella che equilibra il pieno e il vuoto, che dà attenzione e decide che cosa possa esser reso pubblico e che cosa invece sia meglio mantenere segreto. Il Recovery Fund ha destinato quaranta miliardi al digitale per aumentare ed estendere la messa in sicurezza delle reti di telecomunicazioni fisse e mobili. Dobbiamo avviare rapidamente un potenziamento operativo delle agenzie di intelligence in linea con la rivoluzione digitale che investe l'intero pianeta e per scongiurare il pericolo che l'Italia diventi l'anello debole dell'Alleanza Atlantica.

Il volume dati della rete sta crescendo in modo esponenziale giorno per giorno. I vari strumenti di intelligence devono riuscire a regolare i grandi flussi, per la sicurezza delle fonti di informazione alle quali si rivolgono enti governativi, organizzazioni internazionali, istituzioni, dipartimenti militari, fino alle società private e ai singoli utenti. Nel 2007 l'organizzazione dei Servizi di Sicurezza Italiani è stata profondamente riformata, accentrandone la direzione sotto la Presidenza del Consiglio. Le precedenti strutture - il Sisde e il Sismi - sono state sostituite da nuove agenzie. L'Agenzia italiana per la sicurezza interna è divenuta AISI, alla quale è affidato il compito di raccogliere ed analizzare tutte le informazioni utili a difendere la sicurezza interna della Repubblica. All'Agenzia italiana per la sicurezza esterna - AISE - compete di vigilare sulle minacce provenienti dall'esterno. Il DIS, Dipartimento Informazioni Sicurezza, coordina le attività delle due agenzie verificandone i risultati. La materia dei servizi non dipende più dai Ministeri ma direttamente dal Presidente del Consiglio, il quale può decidere di attribuire il potere a un sottosegretario che, in questo caso, prende il nome di "autorità delegata". Nonostante diverse pressioni, Giuseppe Conte ha deciso, in entrambi i governi che ha presieduto, di mantenere per sé le deleghe relative all'intelligence, gestendo personalmente fino al penultimo mese di governo tutti i vertici del sistema di informazione.

Il nodo gordiano che il nuovo Presidente Draghi si è trovato a dover sciogliere è stata la figura di Gennaro Vecchione, messo a capo del sistema di cybersicurezza, il DIS, da Conte. Vecchione è colui che avrebbe facilitato Donald Trump nell'accusare l'Amministrazione democratica di Barack Obama, del suo vice Joe Biden e di Hillary Clinton, ma anche l'ex premier italiano Matteo Renzi, di aver tramato contro Trump nel caso "Russia Gate", facendo incontrare, al di là dei loro compiti istituzionali, i dirigenti di AISE e AISI con il Ministro della Giustizia statunitense William Barr. La nomina del governo Draghi ha originato l'investitura del Prefetto Franco Gabrielli, neo-sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi Segreti, il quale dovrebbe cambiare lo scenario del controllo del piano vaccinale e degli interventi anti-Covid. È una questione di alfabetizzazione digitale che richiede del tempo. Un linguaggio che all'apparenza somiglia al comune sentimento degli uomini, ma si confonde con tante idee dottrinali e politiche.

Il progresso, la nascita della rete web, la globalizzazione, ci ha reso tutti partecipi e connessi. Nello stesso modo ha creato l'altra faccia della medaglia, una parte più oscura, creando una sottile linea invisibile che spesso ci porta fuori dal nostro percorso mentale e non ci permette con facilità di distinguere tra la notizia vera e quella falsa. "Ognuno vede fin dove ha la possibilità di guardare, perché non importa quello che stai guardando, ma quello che riesci a vedere."

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