La leggendaria città di Pandore: viaggio verso le origini di Careri e Natile, nel cuore dell’Aspromonte

24.03.2021

di Beniamina Callipari

Pandore, come molte altre antiche e storiche cittadine aspromontane di cui si abbia memoria, è ancora oggi completamente avvolta da un alone di mistero. Poco si sa di questa leggendaria città, le esigue notizie a noi pervenute ci parlano di un centro tra i più ricchi e importanti della zona, ma null'altro si conosce in merito a tempi e vicende della sua storia, null'altro fuorché il giorno della sua fine.

Era una serena notte del lontano 1570 a Pandore, città poggiante su una delle tante colline d'Aspromonte, dal nome fortemente evocativo, con un vago richiamo al mito di Pandora. Sembrava una notte apparentemente come tante altre, ma celava, in realtà, l'ombra della morte e della distruzione.

resti di Pandore
resti di Pandore

Mancava poco all'alba e quando tutti si aspettavano di iniziare un nuovo giorno, attendendo come tutte le mattine il canto del gallo ad annunciare che il sole fosse già alto, un fragoroso boato svegliò gli increduli cittadini, catapultandoli dal mondo dei sogni ad una tragica realtà: era il terremoto! In pochi istanti la terra inghiottì tutto quanto aveva di fronte, trasformando quella che era una ridente città in un cumulo di macerie e polvere. Solo pochi fortunati riuscirono a scampare e a correre ai ripari prima che il suolo risucchiasse anche loro in quel vortice senza fine.

Fuji vecchia c'abbissa Panduri: ancora oggi nel gergo popolare della Valle del Careri è questa la frase utilizzata per evidenziare l'imminenza di un pericolo. Non è un motto inventato da qualcuno o partorito dalla fantasia del popolo, ma è un'espressione che riecheggia dalla notte dei tempi ed ha radici ben più profonde che derivano da quel giorno lontano di quella imponente tragedia. Si narra infatti che durante gli ultimi apocalittici attimi di vita di Pandore, nel momento in cui il terremoto era già in atto e aveva già mietuto innumerevoli vittime, una vecchietta, che solo qualche istante prima era scappata per mettersi in salvo insieme agli altri superstiti, sia rientrata di corsa nella città, già quasi definitivamente rasa al suolo, pur di ritrovare tra le macerie, non gioielli preziosi, ma il fuso e la conocchia, di gran lunga oggetti di maggior valore per lei, strumenti del suo vivere, della sua quotidianità; dopo averli opportunamente recuperati si affrettò ad allontanarsi dal luogo dello sfacelo ed in quel mentre una voce di una persona da sotto le macerie avrebbe urlato non aiuto o salvatemi, ma fuji vecchia c'abbissa Panduri (corri vecchietta che Panduri sta per essere risucchiata).

I pandurioti, il tempo per portarsi in salvo, probabilmente lo avrebbero avuto, ma è quasi certo che molti di loro, per una sorta di dedizione e profondo legame alla propria città natia, preferirono morire piuttosto che fuggire; è qualcosa di umanamente incomprensibile ed inconcepibile, in merito alla quale ci chiediamo se ne sia valsa o meno la pena, se l'amore per la propria terra possa essere più forte della vita stessa, ma forse di fronte al dolore ed alla disperazione non esistono né domande né risposte...

Quei pochi superstiti che riuscirono a scappare, giunti su una collinetta di fronte a Pandore, rimasero lì a guardare per l'ultima volta il proprio amato paese, quasi a dargli l'estremo saluto. Attesero in lacrime che scomparisse del tutto e solo allora gli voltarono le spalle, decidendo di ricostruire le loro nuove abitazioni su quella stessa collina nella quale avevano trovato rifugio. Alla neonata città diedero il nome di Careri, da Careo, ovvero carente di tutto, in quanto si trattava di una collina di circa 250 metri, continuamente colpita dai venti che arrecavano danni incalcolabili ad ogni tipo di coltura.

L'attuale Careri (RC)
L'attuale Careri (RC)

Nel momento in cui Pandore veniva risucchiata per sempre, un gruppo più ristretto di contadini, a causa dello stato interessante delle proprie mogli, preferì, invece, mettersi in salvo su una collinetta, nella parte occidentale della valle del Careri, anziché unirsi al resto dei superstiti, vogliosi di raggiungere la collina più a sud.

Avrebbe dovuto trattarsi di una situazione temporanea e per questo furono costruite alcune capanne, sicuro rifugio in attesa dei lieti eventi che giunsero di lì a poco. Dopo la nascita dei pargoletti si decise di aspettare ancora, per consentire alle donne di riprendersi più che potevano, prima di raggiungere il resto degli ex pandurioti che avevano intanto fondato Careri.

In quel frangente, dopo un'accurata riflessione, molti ritennero che fosse ormai il caso di rimanere sul posto, considerate l'enorme fertilità dei campi e la vicinanza dei boschi, pascolo ideale per il bestiame. Dopo essersi messi d'accordo iniziarono a costruire le prime abitazioni in pietra e calce. Nessuno sapeva che nome dare a quel gruppo di case nate in tutta fretta, ma infine i capi famiglia ritennero doveroso chiamare il nuovo centro abitato Natile, perché proprio lì erano nati "i figli della provvidenza e della paura".

Tra storia e leggenda questa è la triste storia di Pandore, cosa ci sia di vero e cosa di falso non lo sapremo mai, ma quel che è sicuro è che sin dai tempi dei tempi il destino del popolo di Calabria è stato sempre lo stesso: scappare verso un futuro migliore e non voltarsi mai indietro, per non cadere in quella trappola senza via d'uscita che porta il nome di nostalgia!

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