Arte e Filosofia nell'età globale 

11.01.2021

di Antonio Martone

Raffaello - La Scuola di Atene (particolare)
Raffaello - La Scuola di Atene (particolare)

Arte e filosofia sono unite intrinsecamente, e niente affatto in maniera occasionale, poiché condividono la medesima radice. Senza indicare il luogo della matrice non sarà possibile comprendere né l'arte né la filosofia.  

Bisogna anzitutto segnalare il fatto fondamentale che l'arte non è estetica ma essenzialmente esperienza vissuta. L'arte vive in due luoghi che sono fondativi del suo senso: il primo è la creazione dell'opera, il secondo è la sua custodia/ri-creazione che è affidata al fruitore. L'estetica assume l'opera d'arte come un oggetto fra gli altri ma l'arte è soprattutto un agire nel cui senso si inscrive l'abitare stesso dell'uomo sulla terra. La maniera in cui l'artista esperisce l'opera, elaborandola, costituisce infatti un linguaggio che, una volta storicizzato, diventerà casa comune degli uomini.

La verità è l'apparire di un senso che illumina l'esistenza umana. L'arte riflette la luce proveniente da una realtà che non è a nostra disposizione ma che - al contrario - dispone dell'artista così come dispone di chiunque viva all'interno dell'aura che s'effonde dall'opera d'arte. La bellezza non è qualcosa che accompagni questa luce: al contrario, essa è questa luce. L'opera stessa cioè è la luce: è chiaro allora che la bellezza che accompagna l'opera è nient'altro dunque che verità rappresentata.

Se l'opera d'arte, dunque, è radicata nella matrice di un inesprimibile che si nasconde manifestandosi nell'espressione, è del tutto ovvio constatare che la stessa filosofia non può che radicarsi nello stesso terreno dell'arte. Che cosa c'è di più evidente, infatti, dell'ammissione che la filosofia si dispone essenzialmente nei confronti della dimensione del vero inteso nel duplice senso di origine e di destino?

L'arte e la filosofia, in fondo, sono un mistero. Parallelamente, immagine e concetto sono un enigma. Ambedue nascono nel più profondo del corpo di un essere umano ma si protendono verso qualcosa che non appartiene al corpo che li ha generati ma si rivolgono a tutti. La loro universalità è frutto di una singolarità che, a sua volta, può riassumersi nel desiderio espressivo che è tipico dell'uomo. Espressivo di che? Di qualcosa che pretende di essere espresso pur nella consapevolezza di non poter mai essere detto, poiché si tratta di una dimensione che, appunto, non ci appartiene ma a cui, viceversa, noi apparteniamo.

Ci si potrebbe chiedere allora in che cosa risieda la specificità dell'arte e quella della filosofia. Presto detto. Direi che si tratta di un agire decisamente diverso perché l'una, l'arte, si ripromette di creare un linguaggio a partire da contenuti espressivi emozionali, e solo in secondo momento razionali, nel mentre la filosofia intende coinvolgere essenzialmente la dimensione logico-argomentativa - e aggiungerei dialettica - della mente umana.

Insomma, per dirla in breve, arte e filosofia condividono una comune origine essenziale ma sono dotate d'una modalità espressiva decisamente diversa.

Ho già avuto modo di sottolineare che l'arte costituisce una strada d'accesso privilegiata verso la verità. Il nostro tempo, pur desacralizzato dalla tecnica e dall'onnipervasività del mercato, apre come mai prima le dimensioni della possibilità di accesso all'arte, nei secoli passati appannaggio soltanto di pochi. Non è vero - come affermava Benjamin - che l'opera d'arte nel tempo della sua riproducibilità tecnica sia destinata a perdere la sua aura sacra. È vero però che questo è un rischio che incombe effettivamente sul nostro tempo. In realtà, se l'arte viene diffusa a migliaia di esemplari (e quindi distrutta nella sua originalità) ciò non toglie che essa possa essere ricreata da qualsiasi fruitore che si pone davanti un'immagine capace di destare un'emozione. Va detto anche, e qui in assoluto accordo con Benjamin, che tutto ciò è assai difficile, dal momento che gli individui di massa normalmente agiscono esattamente come il sistema vuole che essi agiscano, ossia come merci fra le merci, come massa ipnotizzata dalle forze che vogliono renderle docili e malleabili al potere. Le masse ben difficilmente comprendono il fatto che l'arte e la filosofia si radicano all'interno della sfera di manifestazione del senso e che senza arte e filosofia il mondo si priva del suo punto d'appoggio fondamentale.

Per ritrovare il senso della filosofia e dell'arte al di fuori delle regole di massificazione fissate dal sistema, occorre allora fuoriuscire dal materialismo del nostro tempo. Pensare il mondo umano come un composto di materia e spirito è proprio di una tradizione che oggi tende a schiacciare la dimensione spirituale sotto quella materiale. In realtà, non esiste alcuna contrapposizione possibile fra materia e spirito, poiché tutto è uno nel cuore dell'uomo. Non c'è nulla di materiale che non sia già spiritualizzato e, reciprocamente, non esiste spirito che non porti in sé la traccia della materia - con tutta la sua pesantezza corporea e potenza desiderante.

Oggi ci sono forme di potere che promettono di lasciare in pace la nostra anima e di voler soddisfare soltanto il nostro corpo. È una menzogna. È l'ennesima menzogna ideologica del nostro tempo. Quando assistiamo ai riti del consumo e quando riusciamo a parteciparvi (in verità, a tali riti tutti sono chiamati ma gli eletti vanno diminuendo di numero), pensiamo di essere liberi; così facendo, riteniamo di soddisfare le nostre esigenze materiali e di lasciare il nostro spirito immune da servilismi. Non è vero. Dobbiamo essere certi che nel momento in cui la nuova religione del Capitale sta appagando la nostra materialità, di fatto, sta conquistando anche la nostra anima. Una moda, un comune sentire, un messaggio pubblicitario, un'abitudine di consumo che ci auto-imponiamo per sentirci magari "integrati", sono esattamente gli strumenti attraverso i quali lo stato d'assedio a cui la nostra mente è quotidianamente sottoposta si risolve in maniera tale da espugnare la cittadella della nostra unicità. Per non parlare dei Cavalli di Troia posizionati dentro di noi e pronti ad spalancare - in qualsiasi momento, schiacciando ogni resistenza - le porte della mente ad un divinità sovrana conquistatrice, capace di una distruttività che, nella storia, non ha precedenti.

Resistere a livello materiale - essere eretici rispetto al nuovo Dio - dimostra la volontà di salvaguardare se stessi e la propria singolarità, proteggere la nostra comunità, custodire le statue della nostra memoria poetica.

In una sola parola, resistere al materialismo massificato nel quale viviamo significa rinnovare la promessa di fedeltà alla propria umanità!

A noi la scelta: le nuove possibilità saranno riempite dai feticci della merce, come sembra che purtroppo stia andando, oppure preferiremo dare vita alla spinta interiore che reclama a gran voce mezzi espressivi originali quanto dirompenti che siano capaci di "connettere" il grande patrimonio del passato alle esigenze del futuro attraverso inedite rappresentazioni della verità storica che ci appartiene? In altri termini, ci limiteremo ad ossequiare - da fedeli proni e passivi - i nuovi sacerdoti del culto del capitale (per esempio i distruttori dell'arte, ossia i pubblicitari), oppure sceglieremo un contatto con il sacro sovranamente legato alla verità dell'arte e alla bellezza che saremo capaci di vedere nel mondo?


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