Il mestiere dell'archeologo e la passione per il mondo subacqueo: intervista a Roberta Eliodoro

21.02.2021

di Elena Murdaca

Sito archeologico di Kaulon in provincia di Reggio Calabria
Sito archeologico di Kaulon in provincia di Reggio Calabria

Roberta Eliodoro, calabrese, opera come archeologa per enti pubblici e ditte private nel territorio della città metropolitana di Reggio Calabria da oltre 15 anni, in attività di scavo archeologico o sorveglianza. Laureata in lettere classiche ad indirizzo archeologico con 110 e lode presso l'Università Cattolica di Milano, ha conseguito la specializzazione in Archeologia classica con 70 e lode presso la Scuola di Specializzazione di Matera. È inoltre Guida Ufficiale del Parco dell'Aspromonte dal 2015, certificata anche come Guida Escursionistica Ambientale, e abilitata come Accompagnatore Turistico e Guida Turistica, attività che svolge - in lingua italiana e inglese - soprattutto in contesti di ambito storico-archeologico della Calabria, ma anche in territori extra-regionali. Guida ed Istruttore subacqueo, appassionata di biologia marina, con all'attivo oltre 3000 immersioni ed iscritta nell'elenco degli operatori del turismo subacqueo della città metropolitana di Reggio Calabria, Roberta Eliodoro opera da ormai 15 anni nel turismo marino, ambientale e culturale gestendo il Megale Hellas Diving Center, una società di servizi turistico-sportivi con annessa Scuola Subacquea e Centro Immersioni, avente sede operativa a Marina di Gioiosa Jonica (RC), ma operativa in tutto il territorio provinciale, dallo Jonio al Tirreno allo Stretto di Messina.

Roberta Eliodoro
Roberta Eliodoro

La conosciamo meglio attraverso questa intervista: 

  • I recenti ritrovamenti a Pompei hanno riportato sotto i riflettori una professione quasi dimenticata e avvolta nel mistero: l'archeologo. Al momento Massimo Osanna è probabilmente l'archeologo più famoso in Italia. Come si diventa archeologi, quali sono il percorso formativo e l'inquadramento professionale? 
  • É una domanda che non ha una risposta univoca, poiché non esiste un percorso predefinito per diventare archeologi. Ormai quasi 30 anni fa, nel 1992, si tenne una tavola rotonda con eminenti archeologi, fra cui Andrea Carandini, dal titolo "La laurea non fa l'archeologo", che affrontava il duplice problema del percorso formativo e dell'inquadramento professionale dell'archeologo. Problematiche, ad oggi, rimaste pressocché insolute. Infatti si può approdare ad archeologia attraverso diverse facoltà: Scienze Archeologiche, Lettere e Filosofia (indirizzo storico-archeologico), Conservazione dei beni culturali (indirizzo archeologico), Architettura, o corsi di laurea equivalenti e anche da Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali (corso di laurea triennale in Scienze geologiche, curriculum Geoarcheologia). Quello che poi oggi caratterizza la professionalità di un archeologo è principalmente il suo percorso post-laurea: l'esperienza di cantiere e la scuola di specializzazione o il dottorato di ricerca, che sono due vie equipollenti, ma che indirizzano in realtà a due attività ben distinte. Il dottorato, infatti, sfocia prevalentemente nell'attività accademica, mentre la scuola di specializzazione porta soprattutto all'attività pratica di cantiere. Quindi, è difficile definire chi è l'archeologo: chi studia e insegna archeologia o le centinaia di giovani che scavano nei cantieri, seguendo sia scavi archeologici programmati sia lavori di emergenza, come la posa di condutture, di fognature, di metanodotti, che richiedono la sorveglianza archeologica? L'assenza di un percorso univoco si riflette nella mancanza di una regolamentazione precisa per la professione: non esiste un albo professionale degli archeologi e, talvolta, nei contratti l'archeologo viene inquadrato addirittura come operaio specializzato. La figura dell'archeologo è tuttavia prevista in alcuni elenchi delle Soprintendenze, a cui si rifanno le ditte per reperire gli archeologi in caso di necessità, ma a livello nazionale l'Albo manca, mentre, per fare l'esempio di una categoria affine, esiste l'albo dei geologi. L'archeologo viene anche distinto in junior o senior in base all'esperienza: numero di pubblicazioni, numero di ore di scavo, fermo restando che spesso, se uno ha all'attivo molte ore sul campo, il tempo che rimane per le pubblicazioni è poco. Rientrano nella categoria anche i funzionari archeologi delle Soprintendenze, da cui dipende il controllo delle varie aree territoriali, che quando iniziano la loro attività amministrativa e, sono spesso costretti a ridurre, se non abbandonare, quella pratica, poiché oberati dal lavoro burocratico. In ultima analisi, è una domanda semplice, che prevede una risposta molto complessa.
  • Quelle di Pompei non sono le uniche scoperte recenti. Tu hai lavorato in un'area che ha restituito nuove evidenze archeologiche, venute alla luce solo lo scorso anno. 
  • Sí, in effetti si tratta di un cantiere aperto presso Locri Epizephiri, una delle città della Magna Grecia più importanti in Calabria, insieme a Reggio Calabria. L'area si trova al di fuori del perimetro delle mura - che è noto perché le mura sono state interamente messe in luce, in alzato o in fondazione- ed è occupata da un ampio settore di necropoli romana. Il ritrovamento, fortuito, è avvenuto durante le attività di ammodernamento e adeguamento antisismico dell'edificio dell'ex-scuola elementare di Moschetta in località San Cono. Lo scavo lungo le sottofondazioni della scuola ha riportato alla luce resti di sepolture e, grazie alla segnalazione inoltrata dalla ditta in Soprintendenza, i lavori sono stati temporaneamente sospesi per effettuare lo scavo archeologico, con la committenza della città metropolitana di Reggio Calabria. Sono state fatte due tranches di lavoro nel 2020, una a gennaio-febbraio e l'altra a ottobre-novembre. In circa 60 giorni di lavoro, in un'area di soli 130 mq sono state scavate ben 49 tombe. Ci troviamo di fronte ad un'area densamente edificata a necropoli, con almeno tre fasi di sepolture sovrapposte. Le tombe esposte rimandano ad un arco cronologico che va dal I al VI-VII sec. d.C., quindi età romana imperiale e tardo-antica. Il ritrovamento è di fondamentale importanza perché dell'epoca romana di Locri si conosce ancora poco, soprattutto della fase tardo antica di transizione in cui la popolazione passa gradualmente dalla costa all'entroterra. Oltre al valore scientifico, è un sito che arricchirebbe il percorso di visita del parco archeologico di Locri Epizephiri, dal momento che si tratta di tombe in muratura, caratterizzate da casse in mattoni o in mattoni e tegole, con coperture in tegole e coperture fuori terra ben strutturate, il che renderebbe fruibile e apprezzabile la visita anche per un visitatore non esperto. Le attività di scavo sono di fatto ora concluse, anche se resterebbe da indagare un altro ambiente, dove non si è potuto proseguire a causa della mancanza di ulteriori fondi. L'amministrazione di Locri e la città metropolitana di Reggio Calabria dovranno ora determinare il destino dell'area, ma l'intento sarebbe di renderne fruibile almeno una porzione.  
  • Approfondiamo la questione dell'insufficienza di fondi in ambito archeologico.
  • L'archeologia, ovviamente, necessita di fondi. La questione è come questi fondi possano essere reperiti. In alcune circostanze, quando il committente è rappresentato da un soggetto privato o da una ditta, l'archeologo può ritrovarsi nell'impossibilità di eseguire al meglio il proprio lavoro, perché i suddetti non sono interessati a che il lavoro sia meticoloso. Tale situazione ha origine dal fatto che i beni archeologici sono beni comuni, quindi patrimonio dello Stato, e se un privato o una ditta incorrono in ritrovamenti fortuiti nel sottosuolo, hanno l'obbligo di sostenere le spese per effettuare gli scavi necessari. Questa clausola rende molto problematiche le attività di cantiere, perché anche se la normativa dell'archeologia preventiva richiede la pianificazione dei fondi ad hoc e studi preliminari, un privato non è obbligato a farlo. Sono costi, spesso, non programmati che rendono le attività difficili da gestire. Sarebbe auspicabile un cambio di approccio generale nell'ambito della gestione dei beni culturali, che sono beni pubblici indipendentemente dalle modalità di ritrovamento. Altri scavi, rientranti in progetti specifici, sono finanziati con fondi universitari o stanziati per programmi di ricerca, tuttavia non è pensabile di demandare la tutela di un patrimonio archeologico ingente come quello italiano a sporadici bandi di ricerca e fondi universitari. 
  • Ogni anno tu organizzi un campo scuola di archeologia subacquea nella Locride. In che contesto nasce l'iniziativa, e chi lo frequenta? 
  • É un'iniziativa che nasce dalla combinazione di due passioni, archeologia e subacquea, da una parte, e dall'idea, che sempre mi pungola, dall'altra parte, di promuovere la conoscenza del nostro territorio, che è poco nota nonostante la sua ricchezza. Il patrimonio archeologico italiano, e meridionale, non consiste solamente nei beni terrestri, ma anche in quelli subacquei, che sono spesso più difficili da approcciare, e che richiedono anche costi maggiori per lo scavo, la gestione e la manutenzione. In Calabria abbiamo uno dei siti più importanti dal punto di vista dell'archeologia subacquea in Italia: presso Monasterace Marina, il sito dell'antica Kaulon, dove, fra i 5 m ed i 6 m di profondità, si trovano oltre 200 elementi architettonici sommersi, tra rocchi di colonna, elementi di base e di alzato di tempio, alcuni finiti, altri incompiuti. É un deposito archeologico importante, vicino alla riva, ad una profondità accessibile anche solo facendo snorkeling, che meritava di essere conosciuto e di diventare volano per la promozione del territorio. Così è nata l'idea del campo-scuola di archeologia subacquea, strutturato nella forma di evento una volta l'anno. I partecipanti sono i più vari, studenti di archeologia e appassionati di archeologia, ma anche subacquei e appassionati di mare, che vedono nell'archeologia subacquea uno dei possibili ambiti di "esplorazione" subacquea, ma abbiamo avuto anche carabinieri della tutela del patrimonio artistico, geologi, in due edizioni, e anche studenti di restauro, desiderosi di ampliare la loro conoscenza in un settore prossimo, quello dei reperti in acqua salata. Non è un campo-scavo, è un campo in cui si affrontano tutte le problematiche dello scavo archeologico e subacqueo e che mira anche alla conoscenza del territorio da cui i reperti provengono, grazie alla collaborazione col Museo Archeologico di Locri e col Museo Archeologico di Kaulon, e include laboratori sui materiali. É volto anche a sensibilizzare i subacquei che potrebbero imbattersi in dei reperti, durante le loro immersioni, e saprebbero quindi come comportarsi. 
  • Parlando di promozione del territorio, tu te ne occupi a tutto tondo: sei archeologa, gestisci un diving, ma sei anche guida del Parco Nazionale dell'Aspromonte. 
  • É vero. Per me è difficile mettere delle barriere alle passioni. Dalla passione per il mare alla passione per la natura incontaminata fuori dall'acqua, e quindi alla sua storia, è un attimo. Non penso che sia cosí solo per me. Sono settori che hanno degli intrecci inscindibili. É quasi naturale, promuovendone uno, parlare dell'altro. C'é inoltre un viscerale senso di appartenenza alla mia terra, che non è una scelta, esiste e basta, che mi ha spinto, dopo l'università a Milano, a tornare in Calabria e a cercare di fare impresa in Calabria, perché vedevo intorno a me tanta bellezza: la bellezza dei monti, la ricchezza della nostra storia, la biodiversità del mare. Un patrimonio che va assolutamente valorizzato, anche per far nascere un senso di appartenenza comune. Ritengo che la vocazione primaria della Calabria, accanto all'agro-alimentare, sia proprio quella del turismo, un turismo sostenibile, lento, che dia a questa terra il valore che merita. La Calabria racchiude una storia antichissima, con vestigia archeologiche notevoli, una natura per moltissimi versi ancora incontaminata, un'eno-gastronomia genuina e di eccellenza. Nel corso degli anni ho constatato che è difficile suscitare l'interesse di chi non ha già una ragione specifica per recarsi in Calabria, ma chi viene ritorna, o ne parla bene, o spinge altri a venire. La promozione istituzionale è spesso insufficiente o inadeguata, per cui sono necessari il sostegno e la collaborazione di tutti, perché questa regione abbia la visibilità che merita, e le ricadute positive che tale visibilità apporterebbe. 
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