Il cerchio perfetto: silenzio e splendore nella Madonna col Bambino di Botticelli e otto angeli

14.11.2025

di Cinzia Ligas

Se n'era parlato, lo scorso anno, in un seminario per i soci di Ars Europa. Nella penombra della sala, le immagini scorrevano lente sullo schermo, e la Madonna col Bambino e otto angeli di Botticelli appariva come un respiro trattenuto nel tempo. Ci si fermava a contemplare quel cerchio perfetto, dove il sacro e l'umano si toccano con la grazia di un soffio. Si parlava di luce, di purezza, di canto. Di come otto angeli, disposti come un coro celeste, circondano la Madre e il Figlio in una liturgia silenziosa. Ma più che le parole, restava il silenzio pieno d'incanto che l'opera sapeva imporre: un silenzio che non chiede di capire, ma di ascoltare.


Ora, tornare a quella tavola è come ritrovare una preghiera già recitata, eppure sempre nuova, come la musica degli angeli. Nel cerchio perfetto, che non ha inizio né fine, Botticelli pone il mistero dell'eterno.

La forma tonda non racchiude, ma abbraccia: è l'alveo del Cielo che si piega a custodire la Madre e il Figlio.

Maria siede come un tempio vivente. Il suo manto azzurro è l'eco del firmamento, la veste rossa il palpito del sangue che ama e soffre. Tra le sue braccia, il Bambino è luce incarnata: Dio che respira, che cerca il seno, che guarda il mondo con occhi già sapienti.

Il suo sguardo tocca l'anima come un invito in questo cerchio dove l'umano si fa divino. Intorno, otto angeli cantano. Non sono simmetrici: respirano, oscillano, si muovono come onde di un'unica melodia.

Otto, numero simbolo dell'alba nuova, dell'ottavo giorno in cui la morte si dissolve e il tempo ricomincia. Otto come le punte della stella dorata sul manto della Vergine. I gigli che stringono fra le dita sono parole bianche, profumi di verginità e di promessa.

Ogni stelo è una spada di luce che difende l'Immacolata, ogni petalo una sillaba della lode. Cantano con bocche appena socchiuse, e le loro voci sembrano venire da altrove, dal grembo stesso dell'aria. Dall'alto, due mani invisibili, sineddoche del Padre Eterno, discendono a incoronare Maria: mani che vengono dal Cielo e che non si impongono, ma donano.

La corona che si posa sul capo della Vergine non è d'oro soltanto: è fatta di grazia e di obbedienza, di silenzio e di splendore. Il velo che le scende sui capelli, simbolo delle sue nozze con lo Spirito Santo, è trasparente come la fede: copre, ma lascia intravedere.

Così, la Madre del Verbo è insieme regina e serva, terra e cielo, carne e preghiera, antitesi perfetta, umanità divinizzata. Il colore non grida: sussurra.

Il blu e il rosso, simboli di trascendenza e immanenza, di divinità e umanità, si intrecciano come respiro e battito, come l'anima e il corpo di chi ama.

Ogni volto d'angelo è giovinezza e grazia, nessuno identico all'altro: sono le molte forme della purezza, l'infanzia del Paradiso. Il loro canto è muto, ma chi guarda lo sente: una musica che non si ode, eppure riempie la stanza. 

Maria non guarda noi, guarda oltre: forse vede ciò che sarà. Il Bambino, invece, fissa l'occhio di chi lo osserva e lo interroga, come se già sapesse che dovrà salvarlo. Tra i due sguardi c'è il ponte dell'amore: la madre che offre, il figlio che accoglie, l'uomo che contempla.

In questa armonia senza angoli, la pittura diventa preghiera. La linea curva è la voce di Dio che chiama a raccolta gli uomini. Nel tondo si raccoglie la storia: l'inizio e la fine, la ferita e la salvezza.

Guardando il dipinto, si entra in un respiro antico: gli angeli che cantano sono il coro dell'eternità, Maria è la porta del Cielo, il Bambino è la promessa che la carne non sarà perduta.

Il giglio, bianco e umile, è simbolo della fede che non appassisce, della purezza che risplende, il manto azzurro è la trascendenza che avvolge e protegge Maria, le mani divine sono la carezza invisibile che incorona ogni amore puro.

Tutto è sospeso e vivo, come in un istante che non conosce tempo.

Botticelli, nel silenzio della sua arte, ha dipinto non solo una madre e un figlio, ma l'incontro fra la terra e il divino: l'istante in cui l'Eterno si lascia guardare. La Madonna col Bambino e otto angeli è un tondo di Sandro Botticelli, realizzato attorno al 1477-1478, nel pieno della sua stagione fiorentina. L'opera, dipinta a tempera su tavola, misura circa 135 centimetri di diametro.

Oggi il dipinto si trova alla Gemäldegalerie di Berlino, parte degli Staatliche Museen zu Berlin, ma nacque verosimilmente per una committenza privata a Firenze, destinata a un ambiente domestico di devozione. È un lavoro che appartiene al periodo giovanile dell'artista, quando Botticelli si muoveva ancora nell'orbita di Filippo Lippi e Andrea del Verrocchio, da cui derivò la purezza delle linee e la delicatezza dei volti.

Chi guarda questa immagine non resta semplice spettatore: ne viene sfiorato, come da un canto lontano che ancora vibra nell'aria. È la voce dell'anima che riconosce il suo principio, il suo destino, e si inchina, per un istante, davanti al mistero della Bellezza che salva.

Cinzia Ligas- Presidente di Ars Europa (www.arseuropa.org)

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