Gli ebrei in Sardegna e l'antica Judaria di Cagliari

14.02.2021

di Roberta Carboni

A testimoniare la presenza giudaica a Cagliari e in Sardegna rimangono oggi poche tracce materiali, distrutte in buona parte da quel processo di demonizzazione della cultura ebraica compiuto a partire dal Decreto dell'Alhambra, emanato dai re cattolici di Spagna il 31 Marzo del 1492. Un importante lavoro di ricerca condotto sui documenti d'archivio dalla professoressa Cecilia Tasca fornisce, tuttavia, informazioni molto importanti sulla vita sociale ed economica degli ebrei in Sardegna, raccontando in maniera esauriente alcune pagine di storia e supplendo alla mancanza di testimonianze storico-artistiche ed architettoniche.

Attestate fin dall'epoca romana, come riferisce lo storico Tacito, le prime comunità ebraiche erano composte da esuli allontanati dalla capitale per volere dell'imperatore Tiberio nel 19 d.C. Ulteriori testimonianze si datano al pontificato di Gregorio Magno sulla base di alcune lettere indirizzate al vescovo di Cagliari Gianuario. Tuttavia, è solo nel passaggio tra la dominazione pisana e quella aragonese, tra il XIII e XV secolo, che gli ebrei presero parte attiva alla costruzione della nuova società commerciale e mercantile cagliaritana. Inizialmente organizzati in "aljamas", piccole comunità autonome attive nei territori cristiani della Spagna e Portogallo, gli ebrei acquisirono un ruolo importante dopo la conquista definitiva di Cagliari, avvenuta intorno al 1326.

Gli ebrei catalani, probabilmente, si unirono alle comunità presenti a Cagliari, organizzate a ridosso delle mura del Bastione di San Giovanni nell'antica via Fontana, oggi parte della via Corte d'Appello. La presenza ebraica rappresentava un forte valore aggiunto nel governo catalano e ad essa si legava la necessità di aiuto finanziario e di collaborazione che gli ebrei potevano garantire in cambio di protezione. Le tasse imposte alle "aljamas" sarde servirono soprattutto a sostenere le varie guerre contro il Giudicato di Arborea: ciò impose ai regnanti una strategia di tolleranza e d'integrazione delle comunità giudaiche nell'isola che rifletteva la prassi adottata in tutte le città catalane.

Così, nel 1335 furono estesi alle comunità giudaiche di Cagliari i privilegi di cui godevano quelle di Barcellona. Incoraggiata dai sovrani, l'espansione delle "aljamas" comportò l'estensione attraverso le attuali via Corte d'Appello e via Stretta, suddivise in piccole contrade che disegnavano lo scheletro interno di un nuovo quartiere, la "judaria", attestata a partire dal 1346.

Oltre alla sinagoga, probabilmente ubicata tra le attuali via Santa Croce e via Corte d'Appello, nei pressi delle attuali chiese di Santa Maria del Monte e Santa Croce, la "judaria" disponeva di un pozzo, un mercato ed un macello che ebrei e cristiani potevano utilizzare liberamente.


Basilica Santa Croce, Cagliari
Basilica Santa Croce, Cagliari

In cambio dell'aiuto economico, i sovrani catalani continuavano ad accordare agli ebrei una protezione che si estendeva a tutte le sfere della vita pubblica e religiosa, a differenza di quanto accadeva nel resto d'Europa in cui, questi ultimi, erano continuamente perseguitati.

La situazione, però, cambiò radicalmente con la formazione del Regno di Spagna avvenuta nel 1479 a seguito del celebre matrimonio tra Ferdinando II di Trastamara, diventato re d'Aragona, e Isabella I, regina di Castiglia e Léon. Le nozze comportarono l'annessione dei possedimenti derivanti dall'unione delle due corone e la Sardegna, già parte del regno d'Aragona, entrò a pieno titolo in questa nuova ed estesa giurisdizione.

Tale cambiamento politico generò i primi grandi problemi per la vita delle comunità ebraiche, le cui condizioni andarono progressivamente a peggiorare. I re cattolici aumentarono considerevolmente le tasse corrisposte dalle comunità ebraiche di Cagliari e ne aggiunsero di nuove, che a loro volta si sommavano alle sovvenzioni straordinarie per finanziare guerre e spedizioni militari. La prassi filo-giudaica intrapresa dai regnanti d'Aragona lasciò, dunque, il posto ad una politica repressiva basata sulla totale intolleranza, poi culminata con il già citato Decreto dell'Alhambra del 31 Marzo 1492. Le condizioni erano semplici: convertirsi forzatamente al cristianesimo oppure lasciare per sempre i territori cristiani. Così, come stabilito dal decreto, nell'estate del 1492 molte famiglie ebree di Cagliari lasciarono l'isola per sempre. Quanti sopravvissero alle dure condizioni della traversata in mare trovarono rifugio a Napoli, Livorno, nelle coste del Nord Africa o a Istanbul. I "Conversos", così erano chiamati gli ebrei costretti a convertirsi al cristianesimo, piegati dal potere sovrano, furono costretti a professare una nuova fede. Considerati reticenti, ambigui e perversi, caddero spesso vittime del Tribunale della Santa Inquisizione, che in quello stesso anno a Cagliari dava inizio ad un'epoca di terrore perpetrato a partire dal primo inquisitore Sancho Marin.

Oggi la comunità ebraica di Cagliari, ricostituitasi in tempi recenti, conta all'incirca una ventina di persone, raccolte attorno all'Associazione Chenàbura - Sardos Pro Israele, attivamente impegnata nella conservazione, divulgazione e valorizzazione della cultura ebraica. Inoltre, il Comune di Cagliari ha appoggiato la proposta di avviare un progetto di recupero e di sensibilizzazione dell'identità giudaica con una serie di interventi mirati che, ripristinando i confini dell'antica "judaria" di Castello, consentiranno di avviare una serie di attività volte alla promozione e alla conservazione della memoria ebraica, quali, ad esempio, la Settimana delle Luci e il Giardino dei Giusti. Si tratta di possibilità interessanti che potrebbe rendere Cagliari un luogo vivo e attivo nella ricostruzione della storia ebraica della Sardegna.

Bibliografia

Gli ebrei in Sardegna: segni e disegni, Elio Moncelsi

Gli ebrei in Sardegna nel XIV secolo, Cecilia Tasca

Ebrei e società in Sardegna nel XV secolo AA. VV, Materia Giudaica.

Rivista dell'associazione italiana per lo studio del Giudaismo.

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