Il Bernini inedito e il fascino del collezionismo privato
di Francesca Callipari
Bellezza è verità, verità è bellezza. Questo solo sulla terra sapete ed è quanto basta.
J. Keats, Ode su un'urna greca 1819
Bernini: una mostra insolita
Alle porte di Brescia, quasi come un piccolo tesoro da scovare, una mostra-dossier su un Bernini poco conosciuto, per lungo tempo riservato a pochi eletti.
Un'occasione unica che consente al pubblico di conoscere e approfondire la figura del grande genio della Roma barocca, qui presentato attraverso una selezione di quattro dipinti e il bronzo del celebre David della Galleria Borghese, provenienti dalla collezione privata dell'erede dell'artista.
Una personalità poliedrica ed eclettica quella di Bernini, protagonista assoluto del Seicento europeo, autore delle più importanti sculture dell'arte barocca, ma anche eccellente architetto e urbanista, nonché pittore, scenografo, commediografo e costumista.
Si racconta che già da bambino Gian Lorenzo si distinse per la straordinaria abilità artistica, ricevendo la consacrazione durante un incontro nelle Stanze Vaticane tra suo padre, il cardinal Scipione Borghese e addirittura Papa Paolo V. In quella occasione il bambino eseguì un disegno raffigurante San Paolo con tale destrezza da far esclamare al pontefice: "costui sarà il Michelangelo del Seicento!".
I dipinti oggi considerati autografi sono appena 25. Tuttavia, sia nella biografia del Baldinucci del 1682 che in quella scritta dal figlio Domenico ed edita nel 1713, si riferisce che la produzione pittorica berniniana dovesse contare tra le 150 e le 200 opere. Ciò è dovuto al fatto che Gian Lorenzo Bernini dipinse sostanzialmente per diletto. I suoi dipinti, ad eccezione dei ritratti di Urbano VIII, non furono mai oggetto di commissioni ufficiali e questo comportò, ovviamente, una carenza di informazioni in merito.
Fin dal principio il Cavaliere riconobbe che il suo forte era la Scultura, onde quantunque egli al dipingere si sentisse molto inclinato, con tutto ciò non si volle fermare del tutto; e 'l suo dipingere, potiamo dire, che fusse per mero divertimento (…)
Fonte: Filippo Baldinucci, Vita del Cavaliere (…), 1682.
D'altro canto, se in ambito scultoreo sia abbastanza riconoscibile la mano dell'artista, nella produzione pittorica Gian Lorenzo Bernini era più propenso in qualche modo a "sperimentare", cambiando, dunque, molto spesso la sua pennellata, che in alcuni dipinti può apparire più densa o altre volte più liquida.
La mostra intitolata "Bernini privato. La forza e l'inquietudine", ospitata presso la Casa-Museo intitolata alla memoria dell'imprenditore e collezionista Paolo Zani e della figlia Carolina, consente al visitatore di immergersi, altresì, in un magnifico viaggio alla scoperta del collezionismo privato, delle sue radici e delle dinamiche che lo hanno contraddistinto.
La collezione Zani
All'interno di una bellissima cornice quale quella di una piccola villa con un meraviglioso giardino ricco di sculture, piante e vasche che generano mirabili riflessi, Paolo Zani, in oltre 30 anni di intensa ricerca, raccolse oltre 1200 opere di varia natura, dai dipinti di Canaletto, Tiepolo, Guardi, Longhi e Boucher alle sculture, dagli arredi barocchi e rococò alle arti applicate del XVII e XVIII secolo, seguendo specifiche tematiche e motivi iconografici, con un'accuratezza tale da far apparire ogni pezzo della collezione in perfetto equilibrio. Tra i capolavori della collezione si ricordano una coppia di commodes del 1789 di Giuseppe Maggiolini con tarsie di Andrea Appiani e in particolar modo il tavolo ottagonale in pietre dure realizzato tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento nella Galleria dei Lavori di Firenze.
Ho collezionato per esprimere il mio gusto, per appagare la mia curiosità e per abitare il bello attraverso l'arte.
Paolo Zani
Casa-Museo Paolo e Carolina Zani
La visita
Stupore e gioia, si mischiano ad
un'atmosfera quasi sacrale che porta l'osservatore ad entrare in punta di piedi
in questa location, con profondo rispetto, avendo quasi la sensazione di un incontro
intimo con l'Arte e i grandi artisti di cui sono custodite le opere. Dopo la visita
guidata alla mirabile collezione Zani - con la descrizione dei principali pezzi
della raccolta, coadiuvati da un impianto luci scenografico che acuisce l'impatto
emozionale, direzionando l'attenzione degli astanti sulle opere descritte – si accede
quasi per magia, attraverso una porta che si apre su un piccolo corridoio, alla
sala destinata alle mostre temporanee.
I dipinti in mostra
I dipinti allestiti su tre pareti della piccola sala con al centro il bronzetto del David, attirano da subito l'attenzione dell'osservatore grazie proprio alla luce che emanano e ad un senso di tensione e movimento che li contraddistingue.
Da sinistra verso destra si possono ammirare:
L'Angelo Allegorico appartenente alla famiglia Bernini sin dal XVIII secolo, eseguito probabilmente su disegno del Bernini e poi completato da allievi, che si caratterizza per la particolare iconografia riconducibile all'Allegoria dell'Amor divino ma con una impostazione inedita con l'angelo che si libra in volo su un globo terrestre, elemento che gli studiosi attribuiscono alla creatività dell'artista. L'opera presenta sul retro un sigillo con lo stemma Bernini e quello della famiglia Maccarani (moglie di Paolo Valentino, primogenito di Bernini), attestante quindi la provenienza del dipinto.
Segue un'altra opera, particolarmente suggestiva, raffigurante San Sebastiano attraverso un'iconografia alquanto inedita che a primo impatto impedisce di riconoscerne la figura. A differenza della tipica rappresentazione del santo martirizzato legato all'albero o ad una colonna, trafitto dalle frecce che accetta con rassegnazione il proprio destino, invocando, in alcuni casi, con lo sguardo l'aiuto divino, qui troviamo piuttosto l'immagine di uno schiavo, di un uomo che quasi con espressione rabbiosa tenta di liberare le proprie mani dalle corde che lo bloccano, trasmettendo appunto l'inquietudine umana di chi non è propenso ad accettare un simil destino.
Una lettura assolutamente innovativa del martirio che si lega ad una straordinaria resa naturalistica ed abili giochi di luce e ombra, rendendo l'opera quasi tridimensionale. La provenienza del dipinto, già citato nell'inventario del 1649 dei beni del Cardinale Francesco Barberini, è confermata dal sigillo del Cardinale apposto sul retro della tela originale, poi applicato alla rintelatura relativa al restauro del 2016. L'opera, menzionata per la prima volta nel 2017 nel catalogo a corredo della mostra di Bernini alla Galleria Borghese, compare un'altra sola volta, all'interno del catalogo della mostra La luce del Barocco (Palazzo Chigi, Ariccia 2020-21).
Sull'altro lato della medesima parete, esposta al pubblico per la prima volta, troviamo un'enigmatica tela raffigurante Sansone e il leone o Davide e il leone (i dibattiti sono ancora aperti tra gli studiosi riguardo alla lettura del soggetto iconografico).
L'opera si contraddistingue, sicuramente, per la composizione del tutto originale, per la forza dinamica e la resa scultorea del corpo, che secondo gli studiosi denoterebbe la mano dell'artista nel pieno della propria maturità.
Sia in questo dipinto che nel San Sebastiano gli studiosi ritengono che l'artista si sia ispirato per entrambe le figure alle proprie fattezze fisiche, come dimostrerebbe il confronto con l'Autoritratto della Galleria Borghese.
Al centro tra queste due opere spicca il bronzetto raffigurante David, che rappresenta un esemplare d'eccezione, dal momento che come ricordano le fonti Bernini manifestava un'evidente propensione verso sculture di grandiose dimensioni. Raramente l'autore si approcciò, infatti, al formato ridotto e in questo caso specifico è noto che fornì solo il disegno.
Emblematica la frase che il 7 settembre 1665 Bernini rivolse a Monsieur de Chantelou: "Non mi si parli di niente che sia piccolo".
Infine, l'ultimo dipinto qui esposto è quello del missionario, cartografo e geografo, Martino Martini, eseguito con molta probabilità intorno al 1655, durante un soggiorno romano del gesuita.
L'opera colpisce per l'espressione benevola e dolce del soggetto e sebbene a primo impatto possa sembrare un'opera non finita per via della parte inferiore che lascia a vista la tela grezza, in realtà si tratta sicuramente di una scelta voluta dal Bernini che proprio attraverso queste "pennellate impressionistiche", come affermato dallo storico d'arte Francesco Petrucci, e grazie alle lumeggiature, riesce a far emergere notevolmente il volto dalla penombra, creando al tempo stesso un senso di movimento che porta l'attenzione dell'astante proprio sugli occhi del personaggio ritratto.
È chiaro, poi che tutte queste opere si pongono in dialogo diretto con le opere d'ispirazione berniniana presenti in collezione Zani quali ad esempio le due sculture di Filippo Parodi, allievo di Bernini e due consolle di fine seicento con laccature nero/oro che rievocano lo stile del maestro secentesco per l'intaglio e il senso di movimento derivante.
La mostra è aperta dal martedì al venerdì dalle 9 alle 13, il sabato e la domenica dalle 10 alle 17. Biglietto intero 12 euro, ridotto 10 euro.
Per info: https://www.fondazionezani.com