Arte, Mecenatismo, Mercato e Filantropia

03.02.2021

di Giampiero Murgia

Nel riquadro, uno dei geni assoluti della storia dell'uomo, un Italiano: Michelangelo Buonarroti, La Creazione di Adamo, 1511. Affresco, cm 280 x 570. Cappella Sistina, Musei Vaticani.
Nel riquadro, uno dei geni assoluti della storia dell'uomo, un Italiano: Michelangelo Buonarroti, La Creazione di Adamo, 1511. Affresco, cm 280 x 570. Cappella Sistina, Musei Vaticani.

Cosa è arte? Cosa non è arte? Soggettività o oggettività? Quale è il significato universalmente attribuibile all'Arte e cioè, quale è quel valore in grado di esprimere una sintesi plausibile e convergente di tutte le possibili opinioni personali a tal riguardo? Sono tematiche aperte che, peraltro, si evolvono nel tempo e sulle quali si potrebbe discorrere per ore. Sono certo che l'interesse verterebbe più sull'analisi delle discordanze di opinione, proprio perché sono queste il sale di ogni dibattito interessante. E sono pure convinto che ciò che finirebbe per accomunare tutti sarebbe la modalità di approccio alla trattazione dei temi: il timore reverenziale nei confronti dell'Arte! Questo perché il tentativo della "creazione" attiene all'intimismo dell'uomo ed in quanto tale, tutti sentiamo che sia corretto porsi in un atteggiamento di rispetto nei suoi confronti, in ragione della sacralità dell'essenza dell'uomo espressa dall'opera. A tal proposito, potremo senz'altro assaporare la profondità del messaggio di Papa Giovanni Paolo II nella sua illuminata Lettera agli artisti (1999). Ne riporto di seguito uno stralcio perché trovo che questi passaggi serbino in sé tutta la Bellezza della sintesi, della forza e del fascino del suo pensiero:

"L'arte è esperienza di universalità. Non può essere solo oggetto o mezzo. È parola primitiva, nel senso che viene prima e sta al fondo di ogni altra parola. È la parola dell'origine, che scruta, al di là dell'immediatezza dell'esperienza, il senso primo e ultimo della vita. È conoscenza tradotta in linee, immagini e suoni, simboli che il concetto sa riconoscere come proiezioni sull'arcano della vita, oltre i limiti che il concetto non può superare: aperture, dunque, sul profondo, sull'altro, sull'inesprimibile dell'esistenza, vie che tengono libero l'uomo verso il mistero e ne traducono l'ansia che non ha altre parole per esprimersi. Religiosa, dunque, è l'arte, perché conduce l'uomo ad avere coscienza dell'inquietudine che sta al fondo del suo essere e che né la scienza, con la formalità oggettiva delle leggi, né la tecnica, con la programmazione che salva dal rischio d'errore, riusciranno mai a soddisfare".

 (Giovanni Paolo II)

Trovo sia molto interessante soffermarsi sui fattori che nella storia hanno favorito e consentito ai grandi Artisti di poter affermare il proprio estro, permettendo loro, altresì, di donare alle generazioni future eredità artistiche immense e di inestimabile valore. Il tratto contraddistinguente di queste condizioni storiche è il cosiddetto "mecenatismo", ossia il sostegno materiale ed economico alle Arti e alla Cultura che personaggi illustri della storia, quali sovrani, aristocratici e possidenti amanti della Bellezza, hanno dispensato prevalentemente per propagandare la propria immagine e promuovere la propria notorietà. Il termine "mecenate" deriva da Gaio Cilnio Mecenate (69 a.C. - 8 a.C), un personaggio storico illuminato dell'ordine equestre, discendente da una nobile famiglia etrusca di Arezzo, influente consigliere dell'imperatore Augusto e Ministro de facto del suo regno perché, sebbene molto ricco e potente, preferì non far parte del Senato Romano. Egli formò un circolo di intellettuali e poeti che incoraggiò, sostenne e protesse nelle loro attività artisti tra i quali possono essere annoverati Virgilio, Orazio e Properzio. Il suo patronato non fu dettato dal desiderio di ornamento letterario vanitoso ma fu finalizzato alla promozione di un nuovo ordine politico conciliatore. E per far questo si avvalse delle doti diplomatiche riconosciutegli dai più. Tanti sono gli esempi di mecenatismo nella storia e tra questi spiccano senz'altro quello di Cosimo De' Medici (1389-1464) e di suo nipote, Lorenzo il Magnifico (1449-1492). Grazie al mecenatismo, il nostro Paese uscì dall'oscurantismo medievale e conobbe i fermenti proficui del Rinascimento. L'Arte era concepita come lo strumento di comunicazione ideale per l'elevazione e l'affermazione pubblica della propria immagine o del proprio credo, laico o religioso. Tale espediente poteva riguardare, altresì, l'immagine o il credo di associazioni di persone (pensiamo, ad esempio, alla Chiesa). Con l'evolversi dei tempi e con l'avvento dei mass media, l'Arte ha perso progressivamente questa funzione di "nobile" marketing perché meno competitiva sotto il profilo dei costi e dell'efficacia comunicazionale rispetto al bacino di utenti da raggiungere.

Nel corso del tempo, l'Arte ha mantenuto, piuttosto, quella che è una sua prerogativa precipua e cioè, quella di rappresentare una delle possibili forme d'investimento più refrattarie alle oscillazioni tipiche di ogni mercato. Al pari delle altre, l'Arte ha finito per sottostare alle regole e ai comportamenti dei mercati. Oggi, sono le fondazioni e i grandi gruppi finanziari a trarre vantaggi comunicazionali dall'investimento in Arte, spesso favoriti dalle incentivazioni statali. Ma parlare, oggi, di puro mecenatismo è del tutto anacronistico, casi eccezionali a parte. Resiste nel tempo il mercato delle grandi opere d'arte mentre quello dell'arte contemporanea più emergente stenta a decollare per una serie di motivi che caratterizzano sia la domanda che l'offerta. Quest'ultima appare caratterizzata dalla proliferazione di appassionati di mediocre talento che si autodefiniscono "artisti", senza avere maturato alcun percorso di crescita e di ricerca, tale da poter risultare riconoscibile in termini di cifra stilistica. Questa moltitudine di "artisti" viene supportata da una pletora di innumerevoli operatori del mercato, perlopiù improvvisati e privi di una preparazione scolastica e formativa specifica: sono quegli operatori che distorcono il mercato dell'arte contemporanea perché regalano dolosamente sogni dorati dietro esorbitanti corrispettivi in denaro, sfruttando la propria notorietà mediatica o millantando valori professionali riflessi, per accostamento a personaggi del jet set, noti al grande pubblico ma, spesso e volentieri, distanti dal mondo dell'Arte.

La nostra Era è quella dell'apparenza e dell'immagine; è l'Era in cui chi ha migliori capacità di spesa riesce, a discapito della verità, a diventare noto, senza magari avere né arte e né parte. Credo che occorrerebbe più umiltà ed un atteggiamento più critico e più selettivo da parte degli artisti; occorrerebbe, forse, istituire un albo pubblico degli operatori abilitati a trattare l'Arte: questi auspicabili cambi di direzione potrebbero, senz'altro, favorire la valorizzazione del vero talento e del merito nonché, salvaguardare il mercato dal lato della domanda. Altre condizioni sfavorevoli per lo sviluppo del mercato dell'arte contemporanea sono individuabili, a mio modesto parere, nelle carenze divulgatrici della TV pubblica: mentre quella privata è nata e si è affermata come mezzo di intrattenimento piuttosto che di diffusione culturale, in coerenza alla propria mission di natura squisitamente commerciale, la TV pubblica ha snaturato nel tempo il suo ruolo di erogatore di pubblico servizio, orientandosi ai trend del mercato audiovisivo ed affiancando il canone agli introiti pubblicitari. Non è affatto casuale che i palinsesti privilegino nelle fasce di maggior ascolto, ad esempio, più un "pacco da aprire" che nuovi dipinti o giovani attori da scoprire... magari poco conosciuti ma di talento e in grado di far riflettere e pensare! Più in generale, uno Stato che abbia la capacità di vedere lontano dovrebbe investire e promuovere fattivamente la cultura, avvicinare il suo pubblico all'arte, alla riflessione ponderata e al pensiero critico. Certamente, un primo segnale forte in tale direzione potrebbe essere rappresentato da una rivisitazione totale dei palinsesti della TV pubblica, ma questa azione non sarebbe sufficiente perché dovrebbe essere accompagnata da tante altre iniziative: penso a concorsi pubblici nazionali con giurie qualificate e certificate, ma anche e soprattutto, ad azioni a costo zero come, ad esempio, quella di mettere a disposizione gratuitamente spazi pubblici, inutilizzati e perfino destinati al progressivo deterioramento per carenza di fondi.

Date queste premesse, io credo che nell'epoca moderna abbia sempre più senso parlare di filantropia e che questa possa essere favorita dalla libertà di accesso ai mezzi di comunicazione del web. Per filantropia, termine che deriva dal greco e che significa "amore per l'uomo", s'intendono tutte quelle attività che, attraverso il sostentamento e la diffusione della cultura, si prefiggono di migliorare la qualità della vita delle persone o il raggiungimento di obiettivi di interesse generale. La filantropia non deve essere concepita solo come un'attività a carattere straordinario ma può assumere i caratteri di una pratica quotidiana o periodica, individuale o collettiva di perfezionamento, simbolicamente rappresentabile con l'atto della levigazione della propria pietra grezza. Chi può permettersi il tempo necessario per promuovere il pensiero e la cultura, compie un atto di generosità verso il prossimo oltre che verso se stesso. E' però importante precisare che questo atto debba essere offerto senza offuscamenti personali di autocompiacimento o di ostentazione culturale perché, diversamente, sarebbe un mero esercizio di vanità che giungerebbe falso all'interlocutore e, pertanto, si rivelerebbe del tutto inutile. E' questo un altro spazio nel quale chi governa la cosa pubblica potrebbe adoperarsi a sostegno del privato con buoni ritorni d'immagine, mettendo a disposizione i propri mezzi, non necessariamente finanziari, per valorizzare il Pensiero, promuovere e divulgare l'approccio all'indagine speculativa. Questo perché l'Arte e la Cultura creano ricchezza immateriale che ingentilisce gli animi predisponendoli all'ascolto e alla crescita spirituale. Se poi volessimo estremizzare i concetti cercando, perché no, di sorridere anche un po' nella convinzione che l'umorismo si possa sempre coniugare alla serietà, anche per aiutarci a rifuggire dalla seriosità dei fatti quotidiani, potremmo commentare come segue... Proviamo a guardare tutto più dall'alto con una vista ad elicottero. Se ci pensiamo bene, l'osservazione di un bel dipinto provoca una riduzione della pressione sanguigna e per questa via, un rallentamento benefico del battito cardiaco. Questi effetti provocano, a loro volta, un senso di benessere psico-fisico generalizzato, altrimenti definibile come "stato di euforia" che pian piano si propaga in tutto il sistema endocrino. Ecco che i muscoli facciali si predispongono meglio al sorriso. E si sa! I sorrisi arricchiscono tutti... chi li dona e chi li riceve! E i sorrisi ed i buoni modi aiutano le relazioni interpersonali. Cresce il magnetismo... aumenta il desiderio di fare l'amore piuttosto che la guerra... i miglioramenti fisiologici fan sì che l'amore assuma connotazioni più sensuali e performanti anche sotto il profilo fisico-motorio. Pensate! Gli uomini e le donne diventano così più felici e, quest'ultime, più belle e più buone anche in "quei giorni" tempestosi. Insomma, in estrema sintesi: tu che stai per decidere di volerti più bene regalandoti il tuo dipinto o il tuo libro o la tua poesia preferita... tu ancora non lo sai... ma stai salvando il pianeta!

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