Arte contemporanea: la nuova frontiera degli investimenti

28.01.2021

di Massimo Maggio 

Una delle novità che ha portato questa pandemia è un aumento sensibile della liquidità lasciata sui conti correnti dagli italiani. Una notizia che tutto sommato non ci coglie di sorpresa perché, come è noto, in tempi in cui il futuro appare incerto, cresce la necessità di avere accantonati dei soldi pronto-uso per far fronte ad eventuali necessità impellenti.

Non stiamo parlando di spiccioli, ma di una liquidità impressionante, pari al 70% dell'intero debito pubblico italiano!

La grave situazione economica che stanno vivendo parecchi imprenditori, siano essi ristoratori o industriali, non lascia spazio a critiche sulla scelta di evitare investimenti in prodotti a lungo termine o comunque a prodotti che risentono in maniera corposa degli effetti della pandemia o peggio ancora non liquidabili in breve tempo.

Tuttavia, questa mutazione di scelte di investimento verso lidi più garantisti, dettata dalle incertezze, crea comunque, anche in assenza di inflazione, delle perdite di denaro. Tutti noi sappiamo, infatti, che i tassi di interesse sui conti correnti sono negativi o nell'ipotesi più ottimistica, sono pari a zero. Ciò nondimeno, dobbiamo considerare anche le spese che gravano sulla gestione di un conto corrente in termini di spese di vario tipo: bolli, imposte etc.

D'altro canto, le incertezze generate dalla pandemia di Covid-19 hanno avuto ripercussioni negative sia sui mercati azionari che in quelli obbligazionari.


Ma anche i titoli di Stato, non sono andati poi meglio: anch'essi hanno risentito dell'incertezza generata dalla pandemia di Covid-19 in considerazione di un più che scontato peggioramento dei conti pubblici.

Leggendo i vari rapporti redatti a metà anno 2020 come quella di UBS Chief Investment Office e UBS Evidence Lab Insights oppure quello della celebre economista culturale e Clare McAndrew e per finire quello di Art Basel, si direbbe che anche il settore dell'arte abbia subito una forte contrazione. 


In realtà, questi rapporti si riferiscono alle perdite subite dagli operatori del mercato dell'arte, non dell'arte in sè o comunque non di tutto il mercato dell'arte. Sicuramente le case d'asta e le gallerie hanno avuto una forte contrazione, ma dire che il mercato dell'arte perde è una cosa, dire che perdono valore le opere d'arte è ben altra cosa. Sarebbe come dire che il valore della merce perde nella stessa proporzione con la quale perde l'esercizio commerciale che la vende.

Inoltre, non è corretto neanche generalizzare. Il mercato dell'arte è fatto da molteplici discipline artistiche, da un'infinità di artisti e, nell'ambito di queste divisioni, ci sono opere che si sono rivalutate ed anche molto, nonostante il periodo particolare, ed altre che hanno perso e probabilmente avrebbero comunque perso a prescindere dalle conseguenze pandemiche.

Prendiamo ad esempio l'arte contemporanea, potrei citare migliaia di artisti che, nonostante la crisi, si sono rivalutati in modo esponenziale, di sicuro molto meglio di quanto possiamo fare tenendo i nostri soldi in banca o sotto il mattone. Quindi perché non destinare una parte del nostro capitale all'arte? Almeno l'arte contemporanea, oltre a non generare perdite, possiamo godercela appesa al muro.

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