Anastasia Yanchuk - La figura femminile come archetipo e verità
di Francesca Callipari

Anastasia Yanchuk in arte Nati è un'artista contemporanea che, con straordinaria sensibilità e consapevolezza tecnica, riesce ad indagare una delle tematiche più affascinanti e complesse dell'arte figurativa: la rappresentazione della figura femminile.
La figura femminile è il fulcro vitale della sua produzione artistica, intesa non come mero soggetto o semplice emblema di una bellezza estetica, ma come autentico strumento di indagine psicologica, culturale ed emotiva. La donna, nei suoi dipinti, non è mai oggetto, ma soggetto pensante e senziente: è sguardo, presenza, memoria e incarnazione del non detto.
L'impianto compositivo dei suoi lavori, saldamente ancorato a una tradizione figurativa occidentale, si evolve in un linguaggio del tutto personale. Anastasia si distacca dal mero realismo descrittivo per approdare a una dimensione più intima, dove il dato sensibile si carica di risonanze emotive e simboliche. Possiamo constatare un doppio registro nella sua produzione pittorica: da un lato, un'eccellente padronanza tecnica che si manifesta nella cura minuziosa dei dettagli fisiognomici e nella ricerca dei materiali che lei va a integrare nella composizione; dall'altro, un'intuizione poetica che scandaglia l'interiorità e conferisce ai volti da lei ritratti un'aura di mistero e sacralità.
La sua attenzione maniacale per il dettaglio – la texture della pelle, la disposizione di gioielli o altri elementi – non è mai fine a sé stessa, ma si pone al servizio di un messaggio più ampio, più profondo, volto a svelare ciò che normalmente resta nascosto.
Le donne di Anastasia, eteree e al contempo carnali, sembrano collocarsi in uno spazio intermedio tra la realtà tangibile e una dimensione onirica, sospesa. E Seppur l'impatto iniziale possa essere quello di una bellezza quasi idealizzata, quasi fotografica, basta uno sguardo più attento per rendersi conto che non ci troviamo di fronte a semplici ritratti, bensì a vere e proprie icone contemporanee. Donne che, pur nella loro individualità, diventano simboli di esperienze universali.

In questa tensione tra l'ideale e il concreto, l'opera di Anastasia si inserisce in una tradizione illustre che, a partire dal Rinascimento, ha visto nella donna un tramite per interrogarsi sull'essenza dell'essere umano, sulla spiritualità, sulla caducità e sulla trascendenza. Pensiamo a Botticelli, a Klimt, a Modigliani: artisti che hanno fatto della figura femminile un archetipo, una metafora dell'anima. Ma Anastasia compie un gesto ulteriore: restituisce alle sue donne una presenza attiva, una voce silenziosa ma penetrante. Una voce che non si esprime attraverso la parola, ma attraverso un linguaggio del corpo fatto di gesti accennati, di sguardi intensi, posture sospese, di volti che fuoriescono dall'inquadratura, quasi a voler suggerire una narrazione incompleta, aperta allo sguardo e all'immaginazione dello spettatore. Allo stesso tempo è come se i personaggi che abitano questi dipinti volessero evidenziare che pur nascendo dall'immaginazione dell'artista rispecchiano la nostra realtà facendo sì che l'astante si identifichi magari in quel volto di cui si vede talvolta solo la bocca o solo una metà del viso, riflettendo quindi tutte le proprie sensazioni.
Questa attenzione all'espressività non verbale, tipica dell'artista, si traduce in opere di grande carica empatica. Osservando i volti delle sue protagoniste, si percepisce una gamma infinita di emozioni: vulnerabilità, fierezza, introspezione, malinconia, desiderio. Ogni volto è un universo, ogni sguardo è una narrazione. E in questo, l'artista ci invita a fare qualcosa di fondamentale: rallentare lo sguardo. Contemplare. Ascoltare il silenzio delle sue tele.
D'altro canto, Anastasia non descrive in questi dipinti una femminilità monolitica o stereotipata. La sua produzione è attraversata da un forte senso di inclusività. Le sue donne provengono da culture, contesti e identità diverse: sono il frutto dei suoi viaggi, dei suoi incontri, delle sue osservazioni dirette. In questo senso, l'artista si fa testimone di un'umanità variegata e complessa, restituendo visibilità e dignità a storie e volti che spesso, nel panorama artistico contemporaneo, possono rimanere marginali.
È importante sottolineare poi, come l'artista scelga anche di sperimentare materiali raffinati– quali la foglia d'oro e d'argento fino ai cristalli Swarovski. Lungi dall'essere orpelli decorativi, questi elementi si caricano di significati profondi. Introducono nella tela una componente luminosa e quasi sacrale, rafforzando la sensazione che queste figure appartengano a una visione superiore. È come se l'artista volesse dirci che ogni donna – ogni volto che ritrae – è una sorta di reliquia contemporanea, portatrice di una verità universale da custodire e valorizzare.
In questo modo, Anastasia rilegge in chiave attuale anche l'estetica della sacralità e della spiritualità, traslando il concetto classico di bellezza ideale in una forma nuova, dinamica, contemporanea, che non esclude la fragilità o la diversità, ma le abbraccia come segni distintivi dell'unicità individuale.
Ed è proprio su questo punto che vorrei soffermarmi: l'unicità.
Tempo fa Anastasia in occasione di una intervista mi disse questa frase che io voglio citare "Ogni donna della mia pittura ha la grandezza di essere diversa ed unica". Una dichiarazione programmatica che svela il cuore pulsante del suo lavoro.
L'opera di Anastasia è, in tal senso, un atto profondamente etico, prima ancora che estetico. È un invito – rivolto a tutte e tutti – a riconoscere la propria singolarità, a non temere la complessità del proprio vissuto, a trasformare le fragilità in strumento di forza creativa.
In quest'ottica, la bellezza cessa di essere fine a sé stessa e diviene strumento di consapevolezza, veicolo di riflessione, ponte tra l'io e l'altro. Le tele di Anastasia non ci mostrano ciò che la donna dovrebbe essere; ci rivelano, con onestà e rispetto, ciò che la donna è: molteplice, misteriosa, libera, con le sue contraddizioni, i suoi sogni, i suoi silenzi, le sue memorie.
In conclusione, potremmo dire che l'arte di Anastasia si muove in un territorio liminale, a metà strada tra il ritratto e l'icona, tra il visibile e l'invisibile. Un'arte che guarda al passato per parlare al presente... che utilizza il linguaggio del corpo per dare voce all'anima; che celebra la bellezza non come perfezione formale, ma come manifestazione di verità.
E in un'epoca come la nostra, in cui l'immagine femminile è spesso manipolata, omologata o svuotata di significato, l'opera di Anastasia rappresenta una presa di posizione forte, coraggiosa, necessaria. Una dichiarazione d'amore verso la donna, intesa non come soggetto passivo dell'arte, ma come protagonista attiva di un racconto che attraversa culture, generazioni e identità.
Francesca Callipari
Art critic and Art curator