Vicende di uomini d'onore e altri racconti: il nuovo libro di Franco Nirta
di Elena Murdaca

Vicende di gente d'onore e altri racconti è la terza pubblicazione di Franco Nirta, avvocato e scrittore sanluchese. Il volume, edito da Rubettino, raccoglie 15 racconti organizzati in 3 sezioni:
-Storie di ieri
-Storie di oggi
-Chez Filomène.
Ogni racconto apre una finestra sull'Italia meridionale e sui suoi cambiamenti sociali, economici e politici, con il relativo impatto sull'evoluzione del mondo del crimine organizzato, dall'inizio del secolo scorso a oggi.
I quindici racconti si differenziano l'uno dall'altro per contenuti, stile, registro linguistico, scenario e prospettiva. Un laboratorio che indaga l'essenza e la forma dell'onorata società: dal galantuomo aristocratico al commerciante di morte, dal boss pater familias al pentito, al pesce piccolo in carcere, all'avvocato d'assalto, all'onesto professore che acquisisce, suo malgrado, una parentela scomoda, Vicende di uomini d'onore e altri racconti presenta una carrellata di personaggi dipinti con efficacia che condensa lo spirito delle differenti epoche in cui i fatti avvengono. Non si tratta di una semplice antologia di racconti: é un album fotografico in cui ogni storia è un'istantanea scattata in un contesto ben preciso.
Alla varietà di contenuti corrisponde la varietà della forma. Lo
spettro degli stili utilizzati scorre dal formale al parlato al dialetto, dal
racconto in prima persona, alla forma epistolare, alla narrazione in terza
persona, al dialogo vivace e serrato.
«Il sudore della fronte non si confaceva ai galantuomini. Il patrimonio spirituale di costoro era l'onore, affidato, in buona parte, alla moralità delle donne di casa, e per il resto, al rispetto della parola data, della quale chi prestasse loro del denaro doveva accontentarsi: pretendere che il debito venisse documentato era come metterne in dubbio la moralità. Quando il divario sociale non permetteva che l'offesa fosse lavata col sangue in duello, era necessario ricorrere al bastone di un famiglio ». (Al tempo dei galantuomini).
« Oggi ho letto l'omicidio di uno che aveva tre nomi, Caio Giulio Cesare, ma non aveva cognomi, o almeno il libro non lo portava. Quando uno è una persona importante non va in giro senza scorta perché non sai chi ti vuole bene e chi ti vuole male, specialmente se poi a lui non costava niente perché gli uomini di scorta che allora si chiamavano littori glieli passava lo Stato. Io ricordo che don Luigi Capurro non usciva mai senza scorta e senza macchina blindata e per questo é morto nel suo letto anche se poi era il letto della sua comare rimasta vedova prima del tempo che lui consolava perché pensava veramente a tutti. Non so se quando uscirò farò carriera, ma se finisco capo di qualche cosca terrò presente questo insegnamento della storia che però già sapevo » (Le mie prigioni).
I quadri di ambientazione napoletana sono ancora più vivaci grazie all'impiego di una lingua viva e frizzante:
« Ciro, facci mente locale, tenete tutt'a stessa faccia, sempre seria, preoccupata, comm'a gente ca tiene sempre pensieri p'a capa, me parite tante venerdì sante mettute 'nfila. Facite l'ommene ma nun site ommene perché non sapite rirere e nun sapite chiagnere e chi non sape rire e chiagnere, chi nun rire e nun chiagne mai nun è ommo, forse è 'na bestia, nunn'o saccio, saccio sulo ca nunn'è ommo ». (Pulicano).
Non meno incisive sono le figure femminili, tratteggiate da pennellate decise e vigorose. Donne il cui dramma ricorrente è la solitudine dovuta alla lontananza di mariti forzatamente assenti a causa dei rischi professionali assunti.
« Passarono altri anni e il tempo e la mia incuria lasciavano le loro tracce sul mio volto e sul mio corpo e gli occhi avevano l'espressione spenta della rassegnazione. Egli sembrava non avvedersene: i nostri colloqui si riducevano all'elencazione delle cose che gli servivano e che avrei dovuto portarli nella successiva visita e alle domande sui suoi parenti e amici, chi fosse fuori e chi in carcere. Prima mi rivolgeva sguardi e parole di ammirazione che mal dissimulavano il timore che potessi tradirlo, ora non mostrava di accorgersi dei miei mutamenti. Capii che vedermi imbruttita lo lasciava tranquillo. » (Alla ricerca del tempo perduto).
Solitudine, morte, vendetta, adulterio, carcere, droga, suicidio, follia: temi neri che vengono svolti con una penna leggera, una scrittura pulita e una frequente e sottile ironia che rende estremamente gradevole la lettura:
« La Sicilia ci ha mandato gentilmente in caserma un poco della sua omertà e pure in divisa
«I siciliani parlano solo quando hanno qualcosa da dire » rispose l'appuntato, con evidente allusione alla loquacità napoletana.
Come in una corale polifonica, nella quale ogni elemento ha la propria voce, e tutte si fondono in un unicum armonioso, cosi le quindici eterogenee vicende trovano la loro coesione e coerenza nella declinazione del termine « onore » in tutti i casi e generi, al maschile come al femminile.